Quanto amo il mondo (ciò che non sopporto)

Un post che non poteva mancare, un must sul quale prima o poi tutti dovranno passare…
E’ strano che uno come me, che è spesso visto come un tizio strambo, saccente e scorbutico, non avesse ancora pubblicato qualcosa di simile, è così scontato, banale…
Per questo non mi ero ancora avvicinato all’argomento.
O meglio, molte cose trasparivano già dalle precedenti pubblicazioni, ma questo vorrebbe essere più un compendio completo di…
… ciò che non sopporto.
“Tutto” penseranno le persone che mi conoscono. Ah! Stolti!
Probabilmente comunque, quel “tutto” non si discosterebbe molto dalla realtà, ma è piuttosto riduttivo, ed è quasi un ossimoro affermare che “tutto” sia riduttivo.
Il Tutto è fatto da tante, tantissime cose, piccole, grandi…ognuna a sè stante, ognuna rinchiusa nella propria bolla di sapone, ed è proprio quando queste troppe bolle si scontrano, scoppiano, che il Tutto ci entra negli occhi, ci infastidisce, ci offusca la vista e ci fa bruciare gli occhi.
Quindi si, mi infastidisce pressochè Tutto, ma non sempre, e non sempre allo stesso modo.
E quale modo più scontato e banale per esternare ciò, se non con una bella lista alla mercè del mondo? Come farmi sfuggire una simile opportunità!
E’ probabile che dimenticherò qualcosa, poco male, avrò comunque l’opportunità di farmi venire il nervoso nei prossimi giorni anche per ciò che avrò tralasciato.
Non sopporto gli ipocriti, i bugiardi, quelli convinti di stare un gradino sopra tutti gli altri, in qualsiasi aspetto della vita. Non sopporto quelli che cercano di porsi come esperti di argomenti dei quali non sanno nulla, giusto perchè fa figo o perchè ci ricavano sopra qualcosa.
Esempi? Come tralasciare la nostra cara, vecchia (soprattutto) classe politica… I vecchi, i nuovi… non ce n’è uno decente in mezzo. Berlusconi che si ritiene perseguitato come un Ebreo durante il Nazismo, convinto di essere l’intoccabile Mascotte d’Italia; il vecchio.
Il “nuovo”… forse anche peggio. Grillo… il Re degli ipocriti, la dimostrazione vivente che esiste purtroppo un popolo di rincoglioniti pronti a pendere dalle sue labbra ad ogni fesseria che fuoriesce come una scoreggia maleodorante dalla sua bocca.
Gente pronta a volere un “Parlamento pulito” a suon di “Vaffa” e capitanati da un omicida. Un tale che si rivolge con disprezzo verso qualsiasi avversario politico, un pregiudicato che per spregio dà del pregiudicato ad un altro pregiudicato.
Uno che vomita insulti ogni volta che apre bocca o che mette mano (se davvero di lui si tratta) al suo blog, e che poi pretende rispetto. Si commenta da solo.
Non che gli altri partiti o movimenti mi stiano particolarmente simpatici. Ma sinceramente, NON puoi proporti come il salvatore dell’Italia, il moralizzatore del mondo politico, cavaliere senza macchie e senza paure, in questo modo. Non puoi, non sei credibile.
Ma alla gente piace, le persone hanno un brivido di eccitazione, quando viene detto loro che siamo in un regime, che siamo prossimi alla guerra civile, che siamo in pieno colpo di stato.
Alla gente piace potersi ritenere “eroi”, meglio ancora senza pressochè far niente, finchè ci si sentirà degli eroi a condividere post su FaceBook e urlare dei gran “Vaffa” agli avversari, perchè no?
Perchè non dare il proprio sostegno a chi promette lotte contro i massoni illuminati, contro le banche, contro i governi militari che ci spruzzano di nonsisabenechecosa con le scie chimiche, a chi ci può far sentire come i salvatori del mondo?
Evidentemente fermarsi a pensare alla mole di idiozie che ci vengono propinate ogni giorno da questi figuri è molto più faticoso che cliccare un “condividi” e scrivere un “al complotto!”.
Sempre a proposito di complotti, di figuri che si ergono a paladini della GGENTE, non sopporto quelli che “la mia opinione conta come la tua”. Questo (http://verbasequentur.wordpress.com/2013/11/09/tutti-dottori-post-ad-altissimo-contenuto-di-turpiloquio/) articolo spiega in parole molto più comprensibili e meglio scritte delle mie, esattamente come la penso.
Leggetevelo, perchè è veramente interessante.
L’ostinatezza della gente è comunque mostruosa, puoi spiegare a un complottista delle “scie chimiche” in mille modi come non sia possibile/fattibile una scemenza del genere, e continueranno a trovare milleuno modi (tristissimi e al limite del ridicolo, sempre i soliti) per darti contro, perchè “nessuno ce lo dice!!! presto leggi prima che censurino questo post!!Me l’haddetto miocuggino!!”.
Dunque, uno scaricatore di melanzane con la terza media che cerca di dimostrare come non sia possibile che a quella quota si formino scie di condensazione, perchè “l’ha letto su internet”…insomma, *pat pat* sulla spalla e “si è vero hai ragione”.
Questo si ricollega al concetto di prima: è bello crederci i salvatori del mondo, gli eletti, stando dietro a un computer, avendo studiato Scienze delle caccole e riempirsi la bocca di paroloni tecnici che nemmeno si capiscono (e che talvolta nemmeno esistono).
Quindi, chi non sopporto? I millemila Paladini dellaggente che si pongono come salvatori del mondo, o i millemilioni di ggente che sbrodolano su tutto ciò che farneticano i primi? Tutteddue.
Non sopporto i finti depressi, quelli che ogni cosa, ogni giorno, ogni momento è buono per prendersela con la propria vita, non sopporto i/le tredicenni che si lamentano della loro vita vissuta e decantata come un susseguirsi di lutti e tragicità, non sopporto quelli che ogni giorno si lamentano di non avere una ragazza, non sopporto, NON sopporto, NON SOPPORTO quelli che “Ora sono un diavolo perchè una volta hanno tradito l’angelo che ero”. LOL.
Non sopporto i guidatori Astigiani. Non esiste una legge, non esiste una dimostrazione, non esistono parole per descrivere l’incapacità di portare un veicolo che hanno alcune persone. Esistono determinati punti, nella rete di strade in città, che hanno il mistico potere di far diventare completamente ritardato anche il più esperto pilota. Esistono rotonde alle quali ogni minima nozione sulla sicurezza, sul codice della strada, vengono dimenticate.
Ci sono incroci nei quali i neuroni delle persone vanno in tilt, attraversamenti sui quali la gente inizia a pensare che sia saggio superare a destra a tutta velocità le macchine che sono ferme per fare attravesare i pedoni. Esistono i giorni di mercato, esistono i giorni festivi, esistono le precipitazioni atmosferiche. E non vi venga in mente di uscir di casa durante un allineamento di questi tre fattori della morte.
Non sopporto quelli che pensano di essere più importanti di quanto non siano realmente. Quelli con un’autostima smodatamente elevata, quelli che si ostinano nel darti contro nonostante le smentite e le prove contrarie alle loro teorie…
Non mi considero una persona “stupida”, anzi. Sono ben cosciente di saper BENE interpretare le situazioni e capire le persone. Fa figo dire di non capire se stessi, io mi capisco. Alla perfezione. E capisco gli altri. Alla perfezione.
Ok forse “perfezione” è troppo, ma mi ritengo comunque piuttosto bravo a mettere insieme ciò che trovo e che interpreto, e a trarne le dovute conclusioni.
A volte le cose mi sembrano talmente ovvie e scontate che mi sembra impossibile che qualcuno abbia avuto la seria intenzione di nasconderle e mistificarle.
Non sopporto quindi, chiunque cerchi di prendermi per il culo in questo modo. Chi pensa che “heeeey perchè non teniamo il piede in due scarpe, tanto non se ne accorgerà mai”.
Odio chi nega l’evidenza dei fatti. Chi cerca di farti passare dalla parte del torto a tutti i costi, chi è riuscito a farti fare minchiate alle quali non avresti mai e poi mai pensato di fare.
Non sopporto me stesso quando scopro queste cose e continuo, nonostante tutto, a far finta di niente. A volte le persone sono talmente tanto convinte di ciò che fanno, che è un peccato cercare di parlarne. Sinceramente, what the fuck.
E non sopporto “l’altro”. Non sopporto come diavolo faccia/facciano a non accorgersi della situazione. A volte, per scherzare, faccio il “superiore”, con gli amici. Ma in certe situazioni mi viene davvero da pensare che tutti gli altri siano un branco di rincoglioniti col prosciutto davanti agli occhi.
Ovviamente queste ultime righe si riferiscono a situazioni vissute in prima persona.
Non sopporto l’essermi comportato, una volta e una sola, nella maniera esattamente contraria alla quale mi sono sempre comportato. Chiunque l’avrebbe fatto, e sono altrettanto convinto che chiunque l’avrebbe anche fatto più volte. Ma non mi ritengo “chiunque”, e nonostante siano passati già degli anni, continuo a non sopportarmi.
Non mi sopporto, giusto perchè siamo ancora in quell’argomento; non mi sopporto per non essere stato più “cattivo” per rispondere a tutto il male che mi è stato fatto passare, al nervoso, alle notti insonni, alle bugie, alle evidenze negate, all’ipocrisia. Non mi sopporto per essermi “solamente” arrabbiato.
Non sopporto i bimbiminkia che appestano questa città, non sopporto i tamarri che dan loro man forte, non sopporto i tredicenni casinari del cinema, quelli che “oh ma non sai chi sono!”
Non sopporto i Rom, e non sono razzista, ci mancherebbe, probabilmente hanno deciso di spedire i più fastidiosi qui ad Asti, non metto in dubbio che nelle altre città Italiane siano tutti educati e brave persone…ma no, non posso rimanere a pensare “beh è la loro cultura, fa niente” dopo essere stato minacciato di morte e quasi malmenato dopo aver detto “ragazzi lì non potete fumare”:
Non riesco a reggere i “Non sono un moralista MA…”. Bitches please.
Non sopporto la chiesa, la cei, non sopporto un branco di pagliacci con la gonna votati all’astinenza sessuale, parlare di aborto e contraccezione, non sopporto il papa che indica come i mali del mondo le coppie gay e i preservativi. Non sopporto chi tanto elogia questo nuovo papa per le sue “idee” progressiste. Idee che stanno rimanendo idee.
Quando questo tizio dirà chiaro e tondo davanti al mondo che non ci saranno più discriminazioni verso gli omosessuali, le donne, quando finanzierà una distribuzione di massa di condom in Africa, allora FORSE potrò iniziare a rivedere la mia posizione.
Ma NON cambierò idea fino a quando qualcosa di veramente concreto non verrà fatto. E’ inutile avere la faccia da simpaticone, e fare l’amante dei giovani da una parte, e dall’altra continuar a demonizzare le ricerche, le scoperte, la vita privata delle persone che non hanno le tue stesse idee, e farsi foto da cartolina sorridenti stringendo la mano a sanguinosi dittatori.
Non sopporto gli animalari da quattro soldi, quelli che fanno irruzione negli allevamenti di Visone americano (o altri alloctoni) e “liberano” nei boschi Italiani centinaia, migliaia di queste creature, in nome della “Natura”. Quelli che si stracciano le vesti per lo scoiattolo grigio, per la nutria, per qualsiasi altro fottutissimo alloctono che gira nei boschi d’Italia, modificando gli equilibri e minando la biodiversità di un ambiente unico al mondo.
Però hanno dei musini carini.
E probabilmente non sopporto me stesso per un sacco di altri motivi…uno fra tutti l’aver scritto un sacco di cose senza il minimo criterio di rileggerle, presumibilmente piene di errori grossolani.
Forse però, trattandosi di una specie di sfogo, meglio così. Se dovevo far uscire tutto lo schifo che avevo dentro…beh non avrebbe avuto molto senso stare lì a correggere più di tanto.
Fottetevi tutti quanti. ;^)

Impressioni dettate dal vento autunnale

VINCENT-VAN-GOGH-Vento2

 

“Stasera riscrivo”, “Ok oggi mi metto lì a scrivere”, “Va bene, domani riordino le note e butto giù qualcosa”: questi i pensieri che si sono avvicendati, durante l’estate e questi primi mesi autunnali, per quanto riguarda il mio piccolo blog.
Pensieri, che si sono sempre risolti con un più o meno mesto “Non saprei proprio come scrivere”.
Poco male, forse: non che io abbia attraversato un blocco inventivo più o meno forte, ho un notes pieno di schizzi, appunti, impressioni e scarabocchi – sensati e non – che bisbigliavano, dalle pagine sfogliate ogni volta che li rileggevo, di essere pubblicati in qualche modo.

Non ho una grandissima autostima di me stesso o di quello che riesco a buttar giù a parole (non molta, non sempre), ma penso che certe cose vadano scritte e raccontate nella maniera adeguata, piuttosto che essere buttate giù senza cognizione di causa, senza un modo, per la gente interessata, di poter capire davvero quello che intenda, quello che provo od abbia provato, le policromatiche sfaccettature vissute in momenti perlopiù grigi, come sono stati questi ultimi mesi.
Lungi da me volermi piangere addosso o rendermi patetico nell’esporre le mie disgrazie (e di disgrazie non si parla, fortunatamente), penso solo alla consapevolezza del momentaneo tempo…piatto – sotto alcuni punti di vista – che sto attraversando: delusioni più o meno rimarginate, alcune situazioni che tardano a sbloccarsi e via discorrendo, nulla in più di ciò che la vita mette a disposizione talvolta.

Credo che, almeno per ora, tutti quei pensieri e riflessioni, rimarranno sigillati tra le pagine giallognole dei miei quaderni, in attesa che un vento fresco possa rinfrescarmi un poco le idee sul come pubblicarli.
Penso di aver già scritto, nei miei “post ammappacchionanti”, di come sia attratto, e di come io ammiri i temporali, tuoni, fulmini, il vento che porta con sé aria limpida, foglie, fantasmi dell’estate trascorsa rimasti a infestare i solitari marciapiedi del viale dietro casa.
Sono rimasto, questo pomeriggio tardi, quasi appollaiato sulla finestra di camera mia, a guardare in là, verso le nuvole plumbee che incombevano da Ovest, le foglie gialle del grande platano nel campo, contrastare con il gonfio grigiore del cielo, nell’attesa di dover richiudere tutto per non finire con la camera allagata.
Le gocce della pioggia contro i vetri e sul tetto, hanno scandito, secondo per secondo tutta la serata, l’odore della legna bruciata nella stufa di sotto è stata una compagnia gradita che ha contribuito in modo piuttosto rilevante al relax post studio.

Non mi ritengo una persona dalla quale possano nascere chissà quali idee filosofiche, esistenzialiste o altro, ma questo tempo, questa unione di più fattori per me estremamente rilassanti – e allo stesso tempo stimolanti -; la pioggia, il temporale, la legna nella stufa, la stanchezza dopo lo studio e un disco di Beethoven, sicuramente riescono a farmi trovare un attimo per fermarmi e farmi pensare.
Pensieri semplici, domande stupide, pensieri stupidi e domande difficili, accavallati ed ingarbugliati tra loro come un filo delle cuffie infilato nelle tasche di un jeans troppo stretto.

Pensieri e riflessioni sull’immediato, sul prossimo domani che vedrà la luce, sulla fine di questo autunno, di questo inverno, su come potrà mai andare a finire, per me, questo anno che ormai si sta adagiando sonnacchioso, che vive il suo tramonto sulle spalle delle colline in lontananza, spazzate ora da questo freddo vento d’autunno.

Il cobra nero e il carlino scavatore

cobraUh! quanto tempo che non scrivevo qui! Ci sono stati un sacco di contrattempi e imprevisti che hanno alimentato la poca creatività degli ultimi tempi e che mi hanno fatto desistere dal pubblicare le mie solite vaccate sparse!
Beh, mi pareva il caso di ricominciare, e di farlo nella maniera più surreale che conosca: raccontare uno dei tanti sogni (penso che i prossimi post saranno improntati soprattutto a questo, infatti) strambi che mi sono capitati nel corso di 26 lunghi anni.
Direi di iniziare dal sogno della scorsa notte, già che lo ho ancora bene (insomma…) in mente.

C’era una volta, e con “volta” intendo “ieri”, un tizio biondo, alto, con gli occhi azzurri che aveva un gatto nero. Una gatta.
Il tizio biondo, che per qualche strano motivo si trovava nella sua casa al mare di Ceriale, aveva appena trovato un altro gatto, sempre nero, il quale però era abbastanza stupido, e, nella sua felina ignoranza, un giorno chiese al suo biondo padrone: “Babbaì, ma me lo spieghi cosa vuol dire “o”?
Al che, il povero ragazzo si trovò a dover spiegare il significato della congiunzione semplice “o”, al gatto stupidotto.
Accortosi che una volpe (che in realtà era un gatto arancione) si era comodamente acciambellata su una sedia posta sul balcone, il nostro tizio decise di lasciar perdere le spiegazioni al gatto, per concentrarsi sul fare qualche bella foto alla nuova arrivata, lottando però con le dita della sua mano sinistra, che continuavano ad oscurare l’obiettivo della macchina fotografica.
Sceso al piano di sotto per andare a cercare la “volpe”, che nel frattempo era fuggita, il biondo si accorse di essere tornato alla sua casetta di Asti, in giardino, che era pieno di strane buche profonde, come delle tane di marmotta.
“Ohibò” esclamò il tizio, “E questo?” si chiese, controllando una profonda voragine proprio sotto il marciapiede del giardino.
Una grossa buca,larga almeno due metri e profonda quattro o cinque, e piena di detriti, sassi e cartacce, si era creata proprio di fronte alla porta di casa, e la “volpe” ci si era tuffata dentro per sfuggire alla sessione fotografica di cui prima.
Forse è meglio che non ci entri, perchè lì c’è il cobra nero” pensò il tizio.
Dando un’occhiata esplorativa alle altre buche, scoprì, in una di esse, un cane, uno strano incrocio tra un carlino e un bulldog, rintanato all’interno e mezzo coperto di terra e fango.“Ovvio!” esclamò il biondo, “sta andando in letargo!”.
Dopo aver scientificamente appurato del letargo del carlino, uno strano sibilo – che però era più una specie di urlo/fischio – uscì dalla voragine del cobra nero, e all’improvviso, un grosso serpente ne uscì velocemente, iniziando a strisciare e saltare per il giardino.
Curiosamente, il cobra nero, era marrone chiaro.
E non era un cobra.
Urlando e fischiando, il grande ofide, scappò attraverso le maglie della rete che delimitava il perimetro del giardino, il biondo fuggì a cercare aiuto alla casa degli zii accanto, correndo però troppo oltre sulla strada, dimenticandosi di chiedere aiuto.
Dopo 2-300 metri di troppo, il nostro eroe decise di tornare sui suoi passi, e notò proprio davanti casa, un furgoncino bianco con una scritta poco leggibile sulla fiancata (ma sono sicuro ci fosse scritto “the mistery machine” anche senza averlo letto) e due tizi, un uomo pelato in canotta blu e una donna, sulla strada, accorsi per catturare il temibile cobra nero, che ora riposava placidamente sull’inferriata del cancello del cortile.
Il tizio pelato non aspettò oltre, afferrò il cobra per la coda con un gesto atleticissimo e…si prese un bel morso sul petto da parte dell’animale, che era sì afferrato per la punta della coda, ma sicuramente molto più lungo del braccio del tizio, e decisamente più sveglio.
I due eroi riuscirono così a sistemare il pericoloso serpente dentro al loro mistery furgone, e se ne andarono,ma non prima di un “eh, e adesso devo farmi l’antidoto” del tizio, soddisfatto per il lavoro appena svolto.

Questo era il sogno di ieri (ormai l’altroieri) notte, senza senso, come tutti i miei migliori sogni, ma con un fondo di “verità”: ieri pomeriggio, non so per quale ragione, ho bazzicato parecchio su wikipedia per cercare qualche informazione su qualche serpente, non sul “cobra nero”, ma comunque penso che sia stato per quello, che il bizzarro ofide mi sia venuto a trovare nel sogno.
La cosa “inquietante” invece è stata che appena mi sono svegliato e sceso di sotto in sala, e quindi dopo pochi minuti dalla fine del sogno, ho trovato la gatta sotto a una sedia, che guardava incuriosita un piccolo biacco strisciante che aveva appena portato in casa…

L’istinto del Naturalista

biacco

 

Un episodio di forse poco conto, capitato ieri verso l’ora di pranzo, che mi ha fatto in qualche modo riflettere su quello che è il mio rapporto con la natura e gli animali…
Dopo una lunga e faticosa mattinata passata, come ogni domenica, a giocare a softair per i boschi dell’Astigiano (un buon modo, a mio avviso, di passare qualche ora all’aria aperta, fare esercizio e scaricare lo stress), sono tornato, stanco e dolorante per le corse e i pallini ricevuti un po’ ovunque, a casa, con l’unico desiderio di farmi una doccia e sonnecchiare un paio d’ore per riprendermi dalla nottata quasi insonne e dalla fatica della giornata.
Lascio quindi la macchina in garage, e, zaino in spalla, fucile in una mano, giacca e corpetto nell’altra, scarponi tenuti per i lacci penzolanti e striscianti per terra, sono entrato finalmente in casa.
“Finito di spararvi?” mi ha chiesto mio papà, seduto davanti al computer della sala.
“già.”.
“C’è un serpente in fondo al pozzo, penso sia intrappolato, magari poi più tardi o domani vai a vedere, sembra grosso.”
“Ma magari anche subito.” ho risposto seccamente.
“Prima va a mangiare però”
“Ma no, poso la roba e andiamo a tirarlo fuori subito, quanto è profondo il pozzo?”
“6 metri”
“Ok andiamo subito”
Non contemplavo il fatto che quella povera bestia fosse caduta là dentro già da qualche giorno, e che pur sapendolo, nessuno avesse fatto qualcosa per tirarlo fuori e rimetterlo in libertà. Assurdo, fosse stato un cane, ci sarebbero state almeno 2 troupe televisive.
La nonna terrorizzata: “oooooh ma no, là sta bene, nell’acqua, nooooo”
“Si nonna, perchè nel pozzo è pieno di luce e di cibo vero?”
“ma glielo porto io da mangiare…non tirarlo di nuovo fuori…”
Le sue parole non mi sono nemmeno entrate nelle orecchie. So che se mai dovessi iniziare una discussione del genere, diventerei cattivo.
Approntata un’ancora di salvataggio legando un rastrello a 5 metri di corda, sono quindi andato con mio papà a portare in salvo quel biacco rintronato che cercava disperatamente di uscir fuori dal pozzo.
Nessun intoppo con la nostra ancora rastrellosa, il biacco si è fatto sollevare senza problemi fino in superficie e lo abbiamo lasciato sulla riva del torrente qualche metro più in là, al sicuro.
Un mostro terrificante, che vomitava fuoco e zolfo dalla sua ENORME testa irta di zanne velenose, sono vivo per miracolo. o.O (Non capirò MAI, e mi farà SEMPRE schifo, tutta la superstizione che circonda i serpenti).
Tornato a casa mi sono cambiato, docciato e ho dormito le mie due ore.
E non ho neanche mangiato, perchè c’erano cose più importanti da fare, e la stanchezza era tornata a farsi sentire.
Credo che la maggior parte delle persone, alla frase “c’è un serpente nel pozzo”, avrebbe risposto con un “e sticazzi?” (o con un “che schifo, chissenefrega”) e sarebbe andato a mangiare senza più pensarci.
Mi piacciono i Naturalisti, perchè anche di fronte a un solo biacco finito in un pozzo a 6 metri sotto terra, dimenticano di pranzare per andare a salvarlo e rimetterlo in libertà.
Mi piacciono i Naturalisti perchè spero di mantenere questo mio modo di essere e di fare, e di diventare degno di quel nome.
Mi piacciono i Naturalisti perchè sono strani, ma sono strani in senso figo.
Mi piacciono i Naturalisti perchè sono delle persone meglio. (cit.)

Cosa (non) ho capito

domanda

Ho avuto modo di riflettere, pensare e rimuginare, nelle ultime settimane.
Elucubrazioni che non seguono un filo del tutto logico, pensieri casuali entrati con forza attraverso il vento invernale nella mia testa, fracassando il castello delle mie convinzioni, fragile e pericolosamente instabile.
A parte quelle di domenica e lunedì, sono state notte illuminanti e illuminate, dalle stelle e dalle riletture di alcune cose, da mezzi sorrisi inconsapevoli, stelle cadenti e costellazioni, tremolanti attraverso l’atmosfera come i miei occhi un po’ troppo affamati di sonno.
Forse queste ultime serate mi hanno fatto capire qualcosa, e questo qualcosa è, probabilmente, il non aver capito nulla.
Ho però capito di essere forse leggermente più rilassato, di vedere le cose con un minimo di distacco in più.
Ho però capito che certi sogni non vanno dimenticati, per assurdi che siano, che se un pensiero inizia a diventare davvero così fisso nella mente, è sicuramente qualcosa di importante.
Ho però capito di essere innamorato di un’illusione, talmente piena, e viva, che sarebbe veramente brutto arrendersi proprio ora.

Qualche pensiero notturno portato dal vento

a-night-wind

3 Febbraio, notte inoltrata, insonnia pressante e il vento che fa scricchiolare le tegole sopra le travi della mia mansarda. Il non dormire amalgama i pensieri, facendo ribollire nella mia testa un minestrone di idee miste comprato al discount delle paranoie.
Il termometro segna quasi 10°C, ma il vento freddo fa pensare a ben altre temperature.
Mi piace. Voglio dire, il vento mi piace: è rilassante, costante… penso che dopo i temporali sia uno dei fenomeni atmosferici che più preferisco. Ammetto però di non aver visto (ancora) un’aurora polare.
Ricordo una serata molto simile, anni fa. Forse per effetto del vento, l’aria tersa rendeva tutto più nitido, le luci dei paesi in collina tremolavano come stelle, che si sarebbero viste, non fosse stato per l’estrema vicinanza con la città. Il caratteristico odore nell’aria (neve? Forse un assaggio di primavera anticipata?) entrava in tutto il corpo e ti faceva restare sveglio a godere di quella pace silenziosa che si veniva a creare lungo il viale del cimitero.
Ero andato, quella volta come stanotte, a fare un giro verso il ponte, ricordo che allora il mio gatto Matisse mi aveva accompagnato fin in fondo alla strada, seguendomi curioso sui muretti delle case addormentate per la via.
Era stata la sera in cui avevo iniziato a scrivere il primo “blog”, la pagina legata all’allora Msn Messenger, un post simile a questo, un nulla condito da qualche folata di vento dal sapore primaverile.
Quanto tempo è passato da allora…10 anni? Forse qualcosa di meno, ma sembra un’eternità.
Non ricordo di aver avuto la testa così incasinata, allora, tanto normale non lo è mai stata, se devo essere sincero, ma sicuramente il motivo della passeggiata notturna di quella volta si limitava ad essere una pura sgranchita di gambe serale dopo una lunga giornata.
Quella di stasera, la camminata, intendo, è stata più che altro una buona scusa per rinfrescare bene le idee sui miei obiettivi futuri, su cosa voglio ora e su come ottenerlo (o almeno come cercare di farlo), una specie di esame di coscienza esente da ogni forma di religiosità, su segnali non colti o forse male interpretati, su un “conosci te stesso” che è diventato ormai un cliché troppo abusato per restare a pensarci su.
Alcune risposte a qualcuna delle mie ultime domande sono arrivate assieme alle foglie sminuzzate, spazzate in mezzo alla strada, vorticando per qualche secondo accanto all’angolo del muretto, portando con loro altre domande, come tessere di un puzzle vegetale che pretende di ricostruire l’intero viale a partire dai loro frammenti, caduti a terra e disintegratisi durante l’autunno.
Non c’è solo confusione, naturalmente: dico sempre di non essere una persona arrendevole, ma so fin troppo bene che talvolta possa lasciarmi prendere un po’ troppo la mano dallo sconforto, in una gran varietà di situazioni, l’abilità di rendere complicate cose che altrimenti non lo sarebbero scorre possente, in me.
In realtà so bene che molte di queste cose, SONO complicate, ma non so, non posso e non riesco ad accontentarmi di come le stia affrontando: SO che basterebbe poco, SO che servirebbe appena un pizzico di autostima in più, basterebbe l’idea di riuscire a mettere da parte le paure solo per un momento, fare un bel, GRAN respiro, e lasciare correre le parole, il fiato, emozioni e sentimenti.
Non so perchè io stia rivivendo un così drastico ritorno a questa sorta di timidezza mentale, dopo qualche periodo decisamente meno incasinato, ma penso che forse sia giusto così, sono un fervente sostenitore della teoria dei cicli in ogni aspetto del mondo, e probabilmente ora tocca di nuovo a me, in fondo, forse una mente troppo poco movimentata, troppo piatta, troppo uniforme, mi annoierebbe.
Dovrei solo ripensare bene a quello che vorrei, quello che dovrei dire, come dovrei comportarmi ora: non è così semplice, per me, fare quel famoso respiro per lasciare correre le parole, purtroppo capita troppo spesso che le frasi escano a metà, che la prima parte di un discorso vada a buon fine e che la seconda rimanga assieme al minestrone di cui prima, capita un vorrei ma non riesco, un potrei ma non voglio, sensi di colpa senza senso e eccessiva timidezza, eccessivi scrupoli che fanno intendere tutt’altro da quello che in realtà possa provare.
E’ una bella serata, in fondo, un poco noiosa, forse, dovrei svegliarmi fra 4 ore, passare la mattina a correre per i boschi e il pomeriggio a studiare, o meglio, a lottare contro il sonno incalzante che si manifesterà dopo pranzo.
Penso che invece andrò a Viatosto a fare un giro.
Per chi non lo sapesse, Viatosto è un’amena località su una bassa collina (Borgo, penso sia il termine corretto) poco fuori Asti: qualche casa, la chiesetta da cartolina, alberi e una strada trafficata da ciclisti e gente in tuta da jogging.
E’ tipico per gli astigiani salutisti, “fare il giro di Viatosto di corsa”, la vista sulla città e le campagne adiacenti è decisamente rilassante anche durante le fatiche del tenersi in forma.
Avevo quasi smesso di andarci, ci vanno appena 5 minuti di macchina, da casa mia, ma ultimamente avevo preso l’abitudine di fare passeggiate più in mezzo a boschi e in riva al fiume, piuttosto che lì.
Ammetto che il più delle volte, mi limito a lasciar la macchina giù in fondo, vicino all’ospedale, e andare su a piedi, godermi un po’ la vista dalla piazza della chiesa, un caffè al bar, due linee di matita sul mio notes, tanto per non lasciarlo inutilizzato, e tornare giù al parcheggio…non è forse molto, ma la trovo una cosa estremamente rilassante, lontano dall’aria grigia e pesante del centro, un piccolo angolo felice di campagna tra la collina e l’autostrada.
Si, mi piace andare là, e l’idea di quest’aria più pulita, limpida, piena di nuovo fresco, di questo odore di montagna, di cielo azzurro sconfinato, mi fa pensare che tornerò molto più spesso a sgranchirmi le gambe lungo quella stradina appena fuori città.

Sollievi

autumn

E’ rasserenante il riuscire a sentirsi sollevati solamente rileggendo di discorsi impacciati, girovagando qua e là in recenti ricordi che ti tengono compagnia la notte.

Pensieri alla finestra (la verità è che…) (secondo post ammappacchionante, ma più serio del primo)

stitch

Non ho avuto molta fantasia, di recente.
Voglio dire, l’ispirazione c’è sempre, c’è sempre stata e anzi, ammetto che forse ce n’è anche più del solito, ma riuscire a dare una sistemata a tutti i pensieri “ispirati” è tutto un altro affare.
Questo sarà un altro articolo ammappacchionante, o almeno credo. Non mi sono preparato nessuna bozza prima di mettermi a scrivere e sto improvvisando, cosa che di solito non faccio…spero solo di non dovermi dilungare troppo (è quasi ora di pranzo e detesto lasciare le cose a metà e riprenderle dopo una pausa, e si, vale anche per il cibo.).

A ben pensarci, come ho potuto notare in molti dei miei ultimi discorsi (seri e non), negli ultimi tempi ho fatto un sacco di cose che di solito invece non faccio, tante volte mi è capitato di dire “normalmente no, ma oggi…” e non riesco a decidermi se tutto ciò sia il sintomo di qualche cambiamento in corso, il normale esternarsi del mio carattere, o una nuova allucinante crisi d’identità.
La verità è che…non lo so.
Mi piace “La verità è che…”, è una di quelle frasi che calzano bene in qualsiasi discorso, da’ un tono ai pensieri e li fa sembrare molto più interessanti di quanto non siano veramente.
(Sarà anche che ultimamente ho riscoperto l’album dei Theory Of A DeadmanThe Truth is…“…).
Testa incasinata, dunque, nulla di nuovo.
Nel corso degli anni ho trovato diversi rimedi a queste situazioni: passeggiate, musica, disegno, sonno, cibo.
Non sempre però, ho voglia di passeggiare, spesso l’emicrania mi assale, tendo a perdere ogni volta le matite e…beh dovrei dare un taglio anche al cibo da stress.

Ho una finestra, in camera, o meglio, una sola dalla quale è possibile guardare fuori, è occupata da un paio di anni dal telescopio, la vista con in primo piano la fabbrica dietro casa non è un granchè, ma è sempre meglio che niente.
Mi piace, la mia finestra, ha una bella vista sulla Luna quando sorge sulla città, si vedono bene le colline, e quando la Luna non c’è, si riescono a vedere un bel po’ di stelle.
Ho iniziato a guardare dalla finestra la notte un paio di anni fa, d’estate.
Come al solito non riuscivo a dormire, ero preoccupato per tante cose, mi dispiaceva aver litigato con alcune persone, avevo molti dubbi e sospetti che si rincorrevano in testa, e aspettavo un aereo.
Non dovevo prenderlo io, l’aereo, doveva atterrare in nottata, molto lontano da qui, e sapevo già che dal momento in cui sarebbe atterrato, sarebbero cambiate tante cose.
In effetti sono cambiate, ma questa è un’altra storia.
Il punto è che ho passato le mie nottate a contare gli aerei che passavano, tra una stella cadente e l’altra, al di sopra delle nuvole.
La verità è che guardare fuori dalla mia finestra, fa emergere tante verità.

La verità è che guardare il cielo mi rilassa, e se il cielo è riuscito a rilassarmi in quell’occasione, riuscirà a rilassarmi in qualsiasi altra occasione.
La verità è che anche se non ho niente di cui preoccuparmi, mi piace aprire la finestra e guardare fuori.
E guardando fuori, vengono alla luce molti dubbi e preoccupazioni che, inconsapevolmente, avevo deciso di nascondere durante le giornate.
E la verità è che questo è un bene.
Non mi piace mettere da parte questi pensieri, queste idee, non mi piace abbandonare i miei problemi, che siano “gravi” o meno, senza aver provato minimamente a risolverli.
Credo che non piacerebbe a nessuno.
La verità è che tutto questo, comunque, non serve a risolvere i problemi, serve a riscoprirli, e a dar loro una forma più definita, serve a ricollegarli a problemi passati, a far riemergere le varie soluzioni adottate ai loro tempi.
Anche le mie passeggiate hanno questo effetto, ma la finestra è molto più comoda durante gli ahimè sempre più frequenti attacchi di pigrizia.

La verità è che sono uno che si fa prendere facilmente dallo sconforto delle cattive notizie, ma che comunque sa riprendersi quasi in fretta.
La verità è che sono uno che è di norma ottimista e allegro, che sa prendersi in giro (forse troppo) in qualunque situazione, che si prende sul serio quando fa lo scemo, e che forse dovrebbe farlo anche quando la situazione è meno “scema”.
La verità è che ora avrei un mese, o almeno qualche settimana, di pensieri accumulati da esternare, di discorsi preparati e dimenticati, di disegni da regalare ai miei fogli, di parole che dovrebbero essere portate sempre dietro con se, e che invece rimangono intrappolate nel solito, stracolmo, cassetto dei sogni.
La verità è che se il mondo non va nella direzione giusta, bisogna prendere quella sbagliata. (Nel senso buono della cosa.).
La verità è che molte di queste parole non riescono proprio a uscire al momento giusto, e la verità è che ho deciso di tornare alle origini: scriverle.
A mano, intendo. Mi è sempre piaciuto scrivere lettere, e credo che un ritorno all’inchiostro di una penna abbia un non so che di romantico.

La verità è che ho paura che passi troppo tempo, ma la verità è anche che sono ottimista, sempre e comunque, e non sprecherò la prossima prima occasione per colpa di qualche stupida paranoia rimasta troppo nascosta e non uscita completamente dalla finestra delle mie paure.
“He’s Just Not That into You” dice il titolo di uno dei pochi film romanticoni che abbia apprezzato. La verità è che non gli piaci abbastanza. La verità è che questa frase è troppo lontana dalla verità, piace. Tanto.
La verità è che non mi piace abbastanza come mi comporto (o meglio, come NON mi comporto) in molte occasioni, ma la verità è che ho ancora qualche tempo per dare una sistemata alle parole e ai pensieri, per dire “Ok, ora lo si fa. Quello che deve essere, sarà.”.

La verità è che se non avessi tanti casini per la testa, se non avessi problemi, se tutto andasse al meglio delle cose, forse il guardare dalla finestra, il fissare le stelle tutta la notte, perderebbe molto del senso che ora ha, che gli ho dato,  e la verità è che forse sarebbe un vero peccato.

Incontri a caso di gente a caso in un mondo a caso

snob11

Succede talvolta di fare incontri bizzarri, grotteschi, gente giusta al posto sbagliato, gente sbagliata al posto giusto, per fare un po’ il filosofo direi “gente sbagliata al posto sbagliato”, ma sono convinto che sarebbe corretto dire “gente giusta al posto giusto al momento giusto”.
Si perchè DEVE accadere tutta una serie di casuali eventi, per far apprezzare al meglio questi rapidi scambi di battute con certi individui: bisogna senza dubbio incontrarli, serve l’umore giusto (o sbagliato), è necessario il giusto tempo da prendersi per gustarsi appieno tutte le sfumature che l’aura di queste persone ha da offrire al mondo e all’intelletto di chi ha la sfortuna di incontrarle.
Penso poi di essere una persona particolarmente fortunata, sfortunata, o più probabilmente vittima di un malocchio astrale di qualche tipo, per cui tendo ad avvicinarmi (in modo inconsapevole, sia chiaro) a persone di cui si può benissimo fare a meno.
Il buon Michele dice: “dovremmo spedirli tutti in un’ isola, in modo che non facciano più danni stando nella civiltà”. Nonostante questa affermazione mi trovi fondamentalmente d’accordo, devo tuttavia asserire che forse incontrare alcuni di questi individui, possa farci soffermare nel pensare che in fondo, nonostante possiamo sentirci abbattuti, non ci piacciamo e altre paranoie teenageariane (si potrà dire?) simili, c’è sicuramente chi sta messo peggio.
Potrei scrivere per giorni, elencando tutte le tipologie di persone “meritevoli” di rientrare nella categoria di “gente più fastidiosa”, a partire dai politici, gerarchie ecclesiastiche, personaggi televisivi e non, ma basta aprire una qualsiasi pagina di un qualsiasi giornale per rendersene subito conto. E’ molto più educativo, invece, descrivere gli incontri con persone molto più a portata di mano, persone che sai che prima o poi ti capiterà di incontrare, persone che prima o poi SPERI di incontrare, per le quali ti sei già preparato un sacco di discorsi allo specchio (Ehi, stai parlando con me?).

Non menzionerò i folcloristici guidatori astigiani, di cui ho già parlato tempo fa, e sui quali potrei scrivere un libro…
Posso iniziare con la simpatica signora di oggi pomeriggio, una 50ina d’anni passati per al maggior parte probabilmente a cercare di dimostrarne di meno, lampadata, capelli neri lunghi e piastrati, trucco più che abbondante, pellicciona nera coordinata con il grazioso cappellino anch’esso di pelliccia e con due piumette sfilacciate che gli svettavano sopra, gonna e stivali neri. La signora in questione era affaccendata nelle compere tra gli scaffali dell’Esselunga, nel corridoio dell’ingresso, già stretto di per se stesso, con casse e esposizioni anche nel mezzo, perciò diviso in due “corsie”. Una di queste “corsie” era già occupata dal carrello di un dipendente Esselunga, che stava sistemando pacchi di frutta sugli scaffali, l’altra, quella “libera” era occupata dal carrello della suddetta signora, completamente in mezzo. Non mi piace mettere mano alla roba degli altri, quindi ho chiesto, gentilmente “permesso?”. La signora, con molta calma, mi ha dato una prima occhiata, poi, con tono altezzoso e decisamente scocciato: “Un attimo! Non vede che sto prendendo delle cose dallo scaffale???”, senza minimamente curarsi di spostare di lato il carrello con una mano per facilitare il passaggio mio e degli altri. Ho ovviamente provveduto io a smuoverlo, provocando le ire della signora (completamente ignorate e alle quali ho risposto semplicemente “non si affanni, continui a cercare la sua roba sullo scaffale”).

I miei “preferiti” (e penso anche di altri) sono i religiosi.
Non ho detto subito “Testimoni di Geova” perchè sembrerei prevenuto su queste persone, ma per fortuna (o purtroppo) sono gli unici in cui mi sia mai imbattuto, e anzi mi stanno anche più simpatici di esponenti di altre religioni o sette ben più radicate nel mondo. Se si esclude un secco “dovreste ficcarvelo nel” a un inopportuno e oltremodo volgare e intollerante (a domanda volgare, risposta volgare)militante della Lega che mi aveva fermato qualche anno fa, a proposito dei crocefissi nelle scuole, in una giornata particolarmente no per me, gli unici “religiosi” (il leghista non era religioso, ad ogni modo, era solo un cretino) con cui ho avuto a che fare sono appunto, i Testimoni di Geova.
Tanti gli incontri, tante le risposte, da quella volta in cui, dopo aver risposto al citofono con “scendo subito”, mi sono presentato con il fucile in mano (aria compressa, scarico, stavo sparando in giardino contro un materasso e, in realtà, non avevo neanche pensato di posarlo) con un solare “buongiorno ditemi” con tanto di sorriso malefico stampato in faccia, alla volta in cui alla domanda “Dove vanno i morti?” risposi “se tornate indietro e fate 500 metri c’è il cimitero, chiedetelo al custode“, o ancora a quella in cui appena sentito il mio “Mi spiace ma sono ateo” le due candide signore risposero “ma almeno ci crede nel “padre nostro”?”.
A questi vanno aggiunti innumerevoli altri discorsi fatti di supercazzole e fraintendimenti forzati. Hanno smesso di suonare al nostro citofono.
Non ho particolari pregiudizi sui Testimoi di Geova, sono ateo e penso che chiunque sia libero di credere a quello che più gli aggrada: Babbo Natale, Sauron, Il Flying Spaghetti Monster, L’invisibile Unicorno Rosa, Dio, La Fata Turchina…quello che non sopporto è la supponenza e l’arroganza di certi esponenti di certe religioni, pronti a entrare in qualsiasi ambito della vita delle persone, a dettar leggi e a dirci di aver paura di quello che loro vogliono che abbiamo paura. Sentirmi dire da un pagliaccio in gonnella che ha scelto una vita di castità, come vivere la mia vita sessuale è come andare a lezioni di pianoforte da un granchio paralizzato al cervello. E mi fermo qua perchè potrei diventare davvero cattivo.
Ma forse la scena migliore è stata quando, per strada e in attesa di incontrarmi con la di allora fidanzata, le solite candide signore mi si avvicinano dicendomi “Buongiorno, possiamo lasciarle questi fogli? Se segue i nostri consigli e quello che è scritto, può essere felice”. “Ma io sono già felice” fu la mia risposta. Mi sarei aspettato un “Ah bene arrivederci allora”, mentre le due candide signore, indispettite, risposero “Ma come è possibile, tutti dicono che c’è la crisi, che le cose vanno male…” al che, di fretta, io: “Mi sa che i vostri fogli non servono a un granchè allora! Buona giornata!”.

I ragazzi delle comunità, o chi si spaccia per essi…
“ho fretta” è la risposta migliore, ma quando riescono ad arrivare a stringerti la mano è la fine, ti stanno addosso peggio di una fidanzata gelosa, una patella salaticcia appiccicata saldamente al suo scoglio.
“sono Paolo, hai qualcosa contro quelli che stanno in comunità?”
“ciao Paolo, vaffanculo, è la ventesima volta che mi fermi e ti ho già risposto diciannove volte che i miei soldi non te li do, non rinuncio a un caffè, non voglio vedere i tuoi disegni, guardami molto attentamente in faccia perchè se per sbaglio me lo chiedi un’altra volta nessuno riuscirà più a ricordare la tua.” Questo è quello che mi passa in mente ogniqualvolta il buon Paolo riesce ad intercettarmi fuori dalla stazione. Naturalmente ho ancora un pizzico di buon senso e devo limitarmi a rispondere “si, ho qualcosa contro di loro”, cercando di divincolarmi dalla sua stretta. “perchè?”…
“ho qualcosa contro di te. Perchè mi chiedi ancora il perchè quando ti ho dato una risposta. Non è colpa mia se sei finito in comunità, mi fa piacere che cerchi di chiudere un capitolo buio della tua vita, ma non vedo come questo possa avere a che fare con me. Avrei potuto pensarci se oggi come le altre volte non saresti stato così insistente, mi hai detto che avrei potuto rinunciare ai soldi di un caffè per darli a te. Hai perso 10 minuti a cercare di convincermi a darti 1 euro. Se al mio primo “no” avessi capito subito, a quest’ora avresti chiesto ad altre dieci persone, e forse qualcosa avresti anche guadagnato”
E’ poi stimolante per la mente quando, rispondendo con un “no” secco , ti chiedono “giornataccia? hai litigato con la ragazza?”. Ci si può sbizzarrire in tante di quelle risposte…”sono gay” “sto andando a suicidarmi” “mi hanno licenziato” “è morto il gatto”. La migliore che sono riuscito a dare è stata “no, con mio fratello” “ah! avete litigato di brutto eh?” “no, l’ho ammazzato, sto andando in questura a confessare”.

L’ultima persona di cui vorrei ancora parlare è la vecchiaccia del cimitero.
La odio con tutto il mio cuore, questa donna è al di là di ogni personificazione della vecchina simpatica e solare, è un orribile mostro occhialuto e ciccione, che probabilmente vive sulla panchina della fermata del bus davanti al cimitero di Asti.
In realtà le uniche cose che probabilmente sa dire sono: “sei davanti al cimitero devi farti il segno della croce!” o “porta rispetto ai morti, non si ascolta la musica/non si corre qui davanti!”
Non c’è molto da dire in realtà su di lei, cosa si potrebbe rispondere a una così? La cosa triste è che se appunto non le si risponde, la frase seguente è sempre “brutto maleducato porta rispetto!” (ricorda un po’ il Cartmaniano “rispetta la mia cazzo di autorità!”, ma senza tutto il carisma di Eric Cartman), percui la mia risposta è di solito una variante di “sono davanti al cimitero e lei dovrebbe farsi i fatti propri”, più o meno volgare a seconda del mio umore…

Incontrare queste persone potrà non risolvere la giornata (e anzi, potrebbe solo far aumentare il nervoso), ma come dicevo prima, se mi dovesse capitare in un momento particolarmente no, mi rallegrerebbe constatare un’altra volta, che io non sono poi così male.

Opinione a caldo sul film “Vita di Pi”

tigre

Non è mia intenzione scrivere una recensione completa ed esauriente dell’ultimo film di Ang Lee, in tutta sincerità credo di non esserne in grado, forse mi manca quel tocco di criticità in più (e, come a molti, anche a me non piacciono troppo i critici), e forse anche un poco di esperienza cinematografica in sè.
Posso comunque sempre dare la mia personale opinione su questo film, visto ieri sera come al solito, al Cinelandia astigiano.

Ammetto di non avere letto (non ancora, almeno) l’omonimo romanzo di Yann Martel, dal quale è stato tratto il film, non sono quindi a conoscenza delle differenze della trama e della storia. Ho invece letto qualche tempo fa il racconto “Storia di Arthur Gordon Pym“, di E.A.Poe, nel quale fa la sua comparsa il primo Richard Parker letterario, seguito poi in età Vittoriana, da ahimè altri Richard Parker, questa volta reali, accomunati dal fatto di essere stati coinvolti in diversi naufragi, e di non esserne sopravvissuti.

Dal punto di vista prettamente tecnico (pur non essendo un tecnico) posso dire che la fotografia e gli effetti visivi sono molto ben curati, pur non avendo visto la versione 3D, salta subito all’occhio come molte scene (in particolare le tempeste in oceano, le inquadrature con la tigre, la scena della balena e quelle sull’isola) siano state pensate per questa tecnologia, sentendo pareri di chi ha invece visto la versione 3D, è curioso constatare che molti ne abbiano elogiato le caratteristiche (normalmente, almeno per quanto capita di sentire a me, il 3D non sta riscuotendo un gran successo). Il film, sebbene presenti anche scene non particolarmente allegre, fa mostra per tutta la sua durata, di colori molto accesi e saturi (specialmente nella prima parte), il che sembra conferirne un aspetto più “leggero” e fiabesco, mi viene da pensare a un cartoon Disney con attori (in realtà con UN attore, per quasi tutta la durata del film) veri.

Non penso stia a me riassumere l’intera trama del film, anche perché ritengo che prima di leggerne un riassunto, anche di una minima parte, sia necessario per ognuno, guardarlo almeno una volta, ma come ho scritto qualche riga più in su, mi piacerebbe dare un parere personale a “caldo”, prima di poter rivedere il film una seconda volta o più.
Forse qualcuno si sarebbe aspettato un film molto più “introspettivo”, un film per il quale sarebbe stato più facile impersonarsi e farsi trasportare dalle vicende, un film per il quale sui titoli di coda, ci si sarebbe dovuti asciugare più di una lacrima. Forse è “colpa” della poca probabilità degli eventi (che fanno si, solo da pretesto per la storia, molto più profonda, del protagonista), della marcata oniricità (ma si dice “oniricità”? :P) di molte scene, molto spettacolari, ma allo stesso tempo evanescenti, intangibili, irrazionali.
Non penso, comunque, che il film debba spiegare la vita di tutti noi, piuttosto riuscire a farci riflettere, anche solo per un poco, su quella che è la poesia della nostra Natura, dagli aspetti più “buoni” (non leggeri, buoni) :la scelta del nome del ragazzo, l’amore, il rapporto con amici e famigliari a quelli meno buoni : la situazione economica in crisi, il naufragio, il rapporto di tensione con i compagni della disavventura (sia nella “prima” versione che nella “seconda”) che porterà a risvolti drammatici. Penso che il film presenti quindi il pretesto per mostrare e fare riscoprire la vera essenza della Natura Umana, senza per questo andare a scavare nella storia personale di ogni spettatore, e “sacrificando” il giovane Pi come esempio per tutti.
Si fa spesso riferimento a “Dio”, o meglio agli “Dei”, vista la storia del protagonista, come se l’intero film potesse raccontare di una lunga ricerca spirituale, metaforizzata nel naufragio. Sarà per tutte le mie convinzioni personali, ma non mi è sembrato (ammetto però di essermi quantomeno sforzato di entrare nell’ottica più “spirituale” del film) che questa aspettativa sia stata mantenuta. Se non nei primi momenti della “pellicola” *sigh*, i riferimenti alla divinità sono inseriti sporadicamente, e, a mio avviso, con riferimenti piuttosto insipidi, rispetto a quello a cui sarebbero dovuti servire.
Questo non vuol dire che il film perda il suo valore, anzi. Sono convinto che siano presenti diverse chiavi di lettura della vicenda, che possano essere seguite sin dall’inizio (o almeno, dalla partenza della nave) e non necessariamente solo dopo gli ultimi 10 minuti di film, cercando di andare a ritroso per dire “è proprio così”.
Ho preso questo film come una grande fiaba (la trama non è complicata, e gli elementi ci sono tutti, per poterla facilmente trasformare in una favola adatta ai più piccoli), un’allegoria, una metafora sul rapporto con la Natura, sia intesa come Natura in generale, sia intesa come Natura in senso più intimo, la Natura animale, la Natura nelle sue forme di Vita e Morte (ma in fondo i naturalisti vedono Natura in ogni cosa), soprattutto la Natura Umana, curiosa e violenta allo stesso tempo (la “seconda versione” della storia spiega, in parte, questo aspetto), quella Natura, soprattutto, che ci fa star male e riflettere troppo a lungo, più per un “addio” preparato ma mai detto, che per la sofferenza fisica passata nel corso della nostra vita.