Il cobra nero e il carlino scavatore

cobraUh! quanto tempo che non scrivevo qui! Ci sono stati un sacco di contrattempi e imprevisti che hanno alimentato la poca creatività degli ultimi tempi e che mi hanno fatto desistere dal pubblicare le mie solite vaccate sparse!
Beh, mi pareva il caso di ricominciare, e di farlo nella maniera più surreale che conosca: raccontare uno dei tanti sogni (penso che i prossimi post saranno improntati soprattutto a questo, infatti) strambi che mi sono capitati nel corso di 26 lunghi anni.
Direi di iniziare dal sogno della scorsa notte, già che lo ho ancora bene (insomma…) in mente.

C’era una volta, e con “volta” intendo “ieri”, un tizio biondo, alto, con gli occhi azzurri che aveva un gatto nero. Una gatta.
Il tizio biondo, che per qualche strano motivo si trovava nella sua casa al mare di Ceriale, aveva appena trovato un altro gatto, sempre nero, il quale però era abbastanza stupido, e, nella sua felina ignoranza, un giorno chiese al suo biondo padrone: “Babbaì, ma me lo spieghi cosa vuol dire “o”?
Al che, il povero ragazzo si trovò a dover spiegare il significato della congiunzione semplice “o”, al gatto stupidotto.
Accortosi che una volpe (che in realtà era un gatto arancione) si era comodamente acciambellata su una sedia posta sul balcone, il nostro tizio decise di lasciar perdere le spiegazioni al gatto, per concentrarsi sul fare qualche bella foto alla nuova arrivata, lottando però con le dita della sua mano sinistra, che continuavano ad oscurare l’obiettivo della macchina fotografica.
Sceso al piano di sotto per andare a cercare la “volpe”, che nel frattempo era fuggita, il biondo si accorse di essere tornato alla sua casetta di Asti, in giardino, che era pieno di strane buche profonde, come delle tane di marmotta.
“Ohibò” esclamò il tizio, “E questo?” si chiese, controllando una profonda voragine proprio sotto il marciapiede del giardino.
Una grossa buca,larga almeno due metri e profonda quattro o cinque, e piena di detriti, sassi e cartacce, si era creata proprio di fronte alla porta di casa, e la “volpe” ci si era tuffata dentro per sfuggire alla sessione fotografica di cui prima.
Forse è meglio che non ci entri, perchè lì c’è il cobra nero” pensò il tizio.
Dando un’occhiata esplorativa alle altre buche, scoprì, in una di esse, un cane, uno strano incrocio tra un carlino e un bulldog, rintanato all’interno e mezzo coperto di terra e fango.“Ovvio!” esclamò il biondo, “sta andando in letargo!”.
Dopo aver scientificamente appurato del letargo del carlino, uno strano sibilo – che però era più una specie di urlo/fischio – uscì dalla voragine del cobra nero, e all’improvviso, un grosso serpente ne uscì velocemente, iniziando a strisciare e saltare per il giardino.
Curiosamente, il cobra nero, era marrone chiaro.
E non era un cobra.
Urlando e fischiando, il grande ofide, scappò attraverso le maglie della rete che delimitava il perimetro del giardino, il biondo fuggì a cercare aiuto alla casa degli zii accanto, correndo però troppo oltre sulla strada, dimenticandosi di chiedere aiuto.
Dopo 2-300 metri di troppo, il nostro eroe decise di tornare sui suoi passi, e notò proprio davanti casa, un furgoncino bianco con una scritta poco leggibile sulla fiancata (ma sono sicuro ci fosse scritto “the mistery machine” anche senza averlo letto) e due tizi, un uomo pelato in canotta blu e una donna, sulla strada, accorsi per catturare il temibile cobra nero, che ora riposava placidamente sull’inferriata del cancello del cortile.
Il tizio pelato non aspettò oltre, afferrò il cobra per la coda con un gesto atleticissimo e…si prese un bel morso sul petto da parte dell’animale, che era sì afferrato per la punta della coda, ma sicuramente molto più lungo del braccio del tizio, e decisamente più sveglio.
I due eroi riuscirono così a sistemare il pericoloso serpente dentro al loro mistery furgone, e se ne andarono,ma non prima di un “eh, e adesso devo farmi l’antidoto” del tizio, soddisfatto per il lavoro appena svolto.

Questo era il sogno di ieri (ormai l’altroieri) notte, senza senso, come tutti i miei migliori sogni, ma con un fondo di “verità”: ieri pomeriggio, non so per quale ragione, ho bazzicato parecchio su wikipedia per cercare qualche informazione su qualche serpente, non sul “cobra nero”, ma comunque penso che sia stato per quello, che il bizzarro ofide mi sia venuto a trovare nel sogno.
La cosa “inquietante” invece è stata che appena mi sono svegliato e sceso di sotto in sala, e quindi dopo pochi minuti dalla fine del sogno, ho trovato la gatta sotto a una sedia, che guardava incuriosita un piccolo biacco strisciante che aveva appena portato in casa…

Incontri a caso di gente a caso in un mondo a caso

snob11

Succede talvolta di fare incontri bizzarri, grotteschi, gente giusta al posto sbagliato, gente sbagliata al posto giusto, per fare un po’ il filosofo direi “gente sbagliata al posto sbagliato”, ma sono convinto che sarebbe corretto dire “gente giusta al posto giusto al momento giusto”.
Si perchè DEVE accadere tutta una serie di casuali eventi, per far apprezzare al meglio questi rapidi scambi di battute con certi individui: bisogna senza dubbio incontrarli, serve l’umore giusto (o sbagliato), è necessario il giusto tempo da prendersi per gustarsi appieno tutte le sfumature che l’aura di queste persone ha da offrire al mondo e all’intelletto di chi ha la sfortuna di incontrarle.
Penso poi di essere una persona particolarmente fortunata, sfortunata, o più probabilmente vittima di un malocchio astrale di qualche tipo, per cui tendo ad avvicinarmi (in modo inconsapevole, sia chiaro) a persone di cui si può benissimo fare a meno.
Il buon Michele dice: “dovremmo spedirli tutti in un’ isola, in modo che non facciano più danni stando nella civiltà”. Nonostante questa affermazione mi trovi fondamentalmente d’accordo, devo tuttavia asserire che forse incontrare alcuni di questi individui, possa farci soffermare nel pensare che in fondo, nonostante possiamo sentirci abbattuti, non ci piacciamo e altre paranoie teenageariane (si potrà dire?) simili, c’è sicuramente chi sta messo peggio.
Potrei scrivere per giorni, elencando tutte le tipologie di persone “meritevoli” di rientrare nella categoria di “gente più fastidiosa”, a partire dai politici, gerarchie ecclesiastiche, personaggi televisivi e non, ma basta aprire una qualsiasi pagina di un qualsiasi giornale per rendersene subito conto. E’ molto più educativo, invece, descrivere gli incontri con persone molto più a portata di mano, persone che sai che prima o poi ti capiterà di incontrare, persone che prima o poi SPERI di incontrare, per le quali ti sei già preparato un sacco di discorsi allo specchio (Ehi, stai parlando con me?).

Non menzionerò i folcloristici guidatori astigiani, di cui ho già parlato tempo fa, e sui quali potrei scrivere un libro…
Posso iniziare con la simpatica signora di oggi pomeriggio, una 50ina d’anni passati per al maggior parte probabilmente a cercare di dimostrarne di meno, lampadata, capelli neri lunghi e piastrati, trucco più che abbondante, pellicciona nera coordinata con il grazioso cappellino anch’esso di pelliccia e con due piumette sfilacciate che gli svettavano sopra, gonna e stivali neri. La signora in questione era affaccendata nelle compere tra gli scaffali dell’Esselunga, nel corridoio dell’ingresso, già stretto di per se stesso, con casse e esposizioni anche nel mezzo, perciò diviso in due “corsie”. Una di queste “corsie” era già occupata dal carrello di un dipendente Esselunga, che stava sistemando pacchi di frutta sugli scaffali, l’altra, quella “libera” era occupata dal carrello della suddetta signora, completamente in mezzo. Non mi piace mettere mano alla roba degli altri, quindi ho chiesto, gentilmente “permesso?”. La signora, con molta calma, mi ha dato una prima occhiata, poi, con tono altezzoso e decisamente scocciato: “Un attimo! Non vede che sto prendendo delle cose dallo scaffale???”, senza minimamente curarsi di spostare di lato il carrello con una mano per facilitare il passaggio mio e degli altri. Ho ovviamente provveduto io a smuoverlo, provocando le ire della signora (completamente ignorate e alle quali ho risposto semplicemente “non si affanni, continui a cercare la sua roba sullo scaffale”).

I miei “preferiti” (e penso anche di altri) sono i religiosi.
Non ho detto subito “Testimoni di Geova” perchè sembrerei prevenuto su queste persone, ma per fortuna (o purtroppo) sono gli unici in cui mi sia mai imbattuto, e anzi mi stanno anche più simpatici di esponenti di altre religioni o sette ben più radicate nel mondo. Se si esclude un secco “dovreste ficcarvelo nel” a un inopportuno e oltremodo volgare e intollerante (a domanda volgare, risposta volgare)militante della Lega che mi aveva fermato qualche anno fa, a proposito dei crocefissi nelle scuole, in una giornata particolarmente no per me, gli unici “religiosi” (il leghista non era religioso, ad ogni modo, era solo un cretino) con cui ho avuto a che fare sono appunto, i Testimoni di Geova.
Tanti gli incontri, tante le risposte, da quella volta in cui, dopo aver risposto al citofono con “scendo subito”, mi sono presentato con il fucile in mano (aria compressa, scarico, stavo sparando in giardino contro un materasso e, in realtà, non avevo neanche pensato di posarlo) con un solare “buongiorno ditemi” con tanto di sorriso malefico stampato in faccia, alla volta in cui alla domanda “Dove vanno i morti?” risposi “se tornate indietro e fate 500 metri c’è il cimitero, chiedetelo al custode“, o ancora a quella in cui appena sentito il mio “Mi spiace ma sono ateo” le due candide signore risposero “ma almeno ci crede nel “padre nostro”?”.
A questi vanno aggiunti innumerevoli altri discorsi fatti di supercazzole e fraintendimenti forzati. Hanno smesso di suonare al nostro citofono.
Non ho particolari pregiudizi sui Testimoi di Geova, sono ateo e penso che chiunque sia libero di credere a quello che più gli aggrada: Babbo Natale, Sauron, Il Flying Spaghetti Monster, L’invisibile Unicorno Rosa, Dio, La Fata Turchina…quello che non sopporto è la supponenza e l’arroganza di certi esponenti di certe religioni, pronti a entrare in qualsiasi ambito della vita delle persone, a dettar leggi e a dirci di aver paura di quello che loro vogliono che abbiamo paura. Sentirmi dire da un pagliaccio in gonnella che ha scelto una vita di castità, come vivere la mia vita sessuale è come andare a lezioni di pianoforte da un granchio paralizzato al cervello. E mi fermo qua perchè potrei diventare davvero cattivo.
Ma forse la scena migliore è stata quando, per strada e in attesa di incontrarmi con la di allora fidanzata, le solite candide signore mi si avvicinano dicendomi “Buongiorno, possiamo lasciarle questi fogli? Se segue i nostri consigli e quello che è scritto, può essere felice”. “Ma io sono già felice” fu la mia risposta. Mi sarei aspettato un “Ah bene arrivederci allora”, mentre le due candide signore, indispettite, risposero “Ma come è possibile, tutti dicono che c’è la crisi, che le cose vanno male…” al che, di fretta, io: “Mi sa che i vostri fogli non servono a un granchè allora! Buona giornata!”.

I ragazzi delle comunità, o chi si spaccia per essi…
“ho fretta” è la risposta migliore, ma quando riescono ad arrivare a stringerti la mano è la fine, ti stanno addosso peggio di una fidanzata gelosa, una patella salaticcia appiccicata saldamente al suo scoglio.
“sono Paolo, hai qualcosa contro quelli che stanno in comunità?”
“ciao Paolo, vaffanculo, è la ventesima volta che mi fermi e ti ho già risposto diciannove volte che i miei soldi non te li do, non rinuncio a un caffè, non voglio vedere i tuoi disegni, guardami molto attentamente in faccia perchè se per sbaglio me lo chiedi un’altra volta nessuno riuscirà più a ricordare la tua.” Questo è quello che mi passa in mente ogniqualvolta il buon Paolo riesce ad intercettarmi fuori dalla stazione. Naturalmente ho ancora un pizzico di buon senso e devo limitarmi a rispondere “si, ho qualcosa contro di loro”, cercando di divincolarmi dalla sua stretta. “perchè?”…
“ho qualcosa contro di te. Perchè mi chiedi ancora il perchè quando ti ho dato una risposta. Non è colpa mia se sei finito in comunità, mi fa piacere che cerchi di chiudere un capitolo buio della tua vita, ma non vedo come questo possa avere a che fare con me. Avrei potuto pensarci se oggi come le altre volte non saresti stato così insistente, mi hai detto che avrei potuto rinunciare ai soldi di un caffè per darli a te. Hai perso 10 minuti a cercare di convincermi a darti 1 euro. Se al mio primo “no” avessi capito subito, a quest’ora avresti chiesto ad altre dieci persone, e forse qualcosa avresti anche guadagnato”
E’ poi stimolante per la mente quando, rispondendo con un “no” secco , ti chiedono “giornataccia? hai litigato con la ragazza?”. Ci si può sbizzarrire in tante di quelle risposte…”sono gay” “sto andando a suicidarmi” “mi hanno licenziato” “è morto il gatto”. La migliore che sono riuscito a dare è stata “no, con mio fratello” “ah! avete litigato di brutto eh?” “no, l’ho ammazzato, sto andando in questura a confessare”.

L’ultima persona di cui vorrei ancora parlare è la vecchiaccia del cimitero.
La odio con tutto il mio cuore, questa donna è al di là di ogni personificazione della vecchina simpatica e solare, è un orribile mostro occhialuto e ciccione, che probabilmente vive sulla panchina della fermata del bus davanti al cimitero di Asti.
In realtà le uniche cose che probabilmente sa dire sono: “sei davanti al cimitero devi farti il segno della croce!” o “porta rispetto ai morti, non si ascolta la musica/non si corre qui davanti!”
Non c’è molto da dire in realtà su di lei, cosa si potrebbe rispondere a una così? La cosa triste è che se appunto non le si risponde, la frase seguente è sempre “brutto maleducato porta rispetto!” (ricorda un po’ il Cartmaniano “rispetta la mia cazzo di autorità!”, ma senza tutto il carisma di Eric Cartman), percui la mia risposta è di solito una variante di “sono davanti al cimitero e lei dovrebbe farsi i fatti propri”, più o meno volgare a seconda del mio umore…

Incontrare queste persone potrà non risolvere la giornata (e anzi, potrebbe solo far aumentare il nervoso), ma come dicevo prima, se mi dovesse capitare in un momento particolarmente no, mi rallegrerebbe constatare un’altra volta, che io non sono poi così male.

Quasi un sogno

dreams

Un giorno stancante
passato a studiare.
Serata di noia,
mi avvolgo veloce
nell’infinito piumone.
Pareti di fumo
si digradano vitree
nella trasparenza della notte.
Mi seguono stelle
nella corsa tra i campi,
una gara veloce
tra fulmini e orti.
Un trillo lontano
richiama le nubi,
mi portano in groppa
sull’uscio di casa.
Riapro i miei occhi
nella solita stanza
cullato da nani
e da splendide gnome

La luce delle stranezze (rapida analisi dei guidatori Astigiani)

vecchio

Non so se io sia l’unico, a trovare sempre, e dico SEMPRE, un sacco di disagio, ogniqualvolta prenda la macchina per fare anche il più minimo spostamento.
Sarà poi che in questo buco di città, ogniqualvolta si presenti un giorno di mercato (mercoledì e sabato), neve, pioggia, vento, umidità, la sagra del sedano, una giornata troppo calda o una troppo fredda, ogni volta che le previsioni danno neve, ogni volta che qualche popolo estinto predice la fine del mondo, ogni fottuto giorno, la gente decida di buttare nel cesso le già poche nozioni di guida che ha accumulato nel corso della propria esistenza.
La “luce delle stranezze” è quella luce che andrebbe accesa quando per strada davanti a noi, capiti una qualsiasi situazione di disagio non spiegabile dall’umano intelletto, dalla macchina che transita ai 20/h su una strada completamente libera la domenica mattina, a quella che ti trovi parcheggiata perpendicolarmente alla direzione di marcia, in mezzo alla strada.
Disagi come questi indurrebbero ogni persona normale (si, in questo frangente mi considero “normale”) a estrarre il proprio prontuario di santi e sante del giorno, per dar sfogo alla più blasfema delle invettive.
E’ proprio qui che interviene la nostra luce, secondo il suo spettabile ideatore, il mio amico Dario, dovrebbe fungere da antistress e placare gli istinti omicidi partoriti a nastro dalla nostra testa.
Non credo che basterebbero tutti i Gb di memoria di cui dispone WordPress, per elencare una a una, le tipologie di disagiati che affollano le nostre inadeguate vie, ma proverò a stilare un breve elenco delle più temute.

  • IL VECCHIO COL CAPPELLONon ha bisogno di presentazioni, il vecchio col cappello è IL disagio. Tipicamente seduto alla guida di una Panda Fire verde, predilige copricapi scuri, occhiali a fondo di bottiglia e cappotti pesanti. Il vecchio col cappello è sempre orgoglioso di scendere in strada, specie la domenica mattina, per andare a messa, facendosi accompagnare talvolta dalla propria sdentata consorte. Caratteristica principale della guida del vecchio col cappello è il guidare in centro alla carreggiata, quasi a cavallo delle due corsie. Sedile tirato completamente in avanti verso il volante e con il viso proiettato in avanti, a tendere i muscoli facciali in una specie di smorfia simile a un sorriso beffardo, il vecchio col cappello non crede in velocità che possano superare 25 km/h, lanciato in vie sgombre alle 9 del mattino di un qualsiasi giorno festivo. Il parcheggio del vecchio col cappello può essere un processo lungo, dalle 5 alle 10 manovre, a seconda di età, sesso, decimi di vista persi, importanza della messa alla quale ha intenzione di partecipare.
  • IL FIGLIO DEL GENERALE CUSTER: Quello che le frecce le lascia agli Indiani. Si tratta normalmente di individui sia neopatentati, sia più cresciuti, fino alla soglia dei 60 anni, dopo la quale, preso dai rimorsi, inizierà ad abusare delle frecce, lasciandole perennemente attivate, prima di tramutarsi in vecchio col cappello. Guidano ogni sorta di veicolo, con una tendenza a autovetture di nuova fattura, spesso molto curate. Una nuova teoria al vaglio degli esperti, è che probabilmente queste persone non vertano in condizioni economiche agiate, motivo per il quale decidano di risparmiare acquistando veicoli sprovvisti di indicatori di direzione: meno luci, meno spesa.
  • IL FIGLIO DI TORO SEDUTO: Quello che le frecce le ha, e ne fa bella mostra. Acerrimo nemico del figlio del Generale Custer, per il quale prova odio e sdegno, è un arciere provetto: frecce sempre azionate, in città come in autostrada. Solitamente si tratta di individui che abbiano passato i 55-60 anni di età, ma non sono comunque pochi, i neopatentati che si dimostrano dei figli di Toro Seduto; si nota nella loro popolazione, una forte percentuale di individui di sesso femminile, di ogni età. Si pensa che si tratti di persone invischiate in qualche affare losco, e che per questo tentino con il loro costante lampeggiare, di confondere chiunque possa trovarglisi dietro.
  • IL SOMMO LUMINESCENTE: Costui ha visto la luce, e la sua immensa saggezza gli suggerisce che anche TU debba vederla. Per questo motivo il nostro Sommo Luminescente viaggia in qualsiasi momento, su qualsiasi strada, con gli abbaglianti accesi, o con i fari completamente alzati. Una grande percentuale di Sommi Luminescenti (specialmente quelli che viaggiano nella corsia a fianco, venendo verso di noi) guida macchine grandi e lussuose, che possono permettersi di montare direttamente la luce della Lanterna di Genova al posto dei fanali.
  • IL TESTA QUADRA: Il Testa Quadra, pensa quadrato. E in una città con più rotonde che semafori forse non è il massimo. In realtà esistono diverse sottospecie di Testa Quadra, è impressionante e disarmante l’infinità di modi per incasinare il traffico in una rotonda, è qualcosa che ha del paranormale. C’è da dire, comunque, che alcune rotonde sono più soggette alle incursioni dei Testa Quadra di altre, specialmente nella zona Nord e Nord-Ovest della città, la percentuale di presenza di guidatori simili è più alta rispetto al resto della città. Il comportamento più tipico è il semplice non dare precedenza a chi spetta, comportamento accentuato dai più giovani da un sorrisetto di sfida lanciato verso il povero guidatore che ha appena inchiodato per evitare una catastrofe. Ci sono poi i timidi, quelli che non si osano fare il primo passo, e perciò restano fermi fino a quando la successiva macchina con precedenza non sia ad almeno 100 metri, prima di tentare un fiacco tentativo di entrare. Una sotto-categoria dei timidi è sicuramente quella dei Pieni di Rimorso, i quali, una volta entrati nella rotonda, pensano bene di non aver fatto una scelta in linea con la propria condotta morale, e restano lì, fermi a fare passare la macchina che, ormai essendo a meno di 100 metri, non trovano giusto non far passare per prima. E’ stato comunque riscontrato che questa tipologia di Testa Quadra, può talvolta uscire dal proprio habitat e può farsi osservare in comuni incroci, specie quelli dopo i sottopassaggi della ferrovia.
  • L’UBRIACO: Tipologia di guidatore che può trarre in inganno: in effetti egli NON è realmente ubriaco, ma probabilmente i fumi di scarico della propria auto riescono a riempire l’abitacolo causando gravi squilibri psico-fisici, generando uno stile di guida “aiuto-ho-un-gatto-famelico-nelle-mutande”.Di norma la vettura, in un tratto standard di strada a due corsie e due sensi di marcia, rettilineo e di lunghezza 300 metri, attraverserà la linea che separa le corsie un numero pari di volte, equivalente ai minuti di ritardo che vi ha fatto accumulare nel frattempo, al quadrato. Non è ovviamente possibile effettuare un sorpasso a carico di un Ubriaco, a causa dei repentini cambi di corsia di quest’ultimo. Tipicamente questa tipologia di guidatore è seduta sui sedili di PickUp, Fuoristrada e Camion di tutte le dimensioni.

Ovviamente non ci sono solamente questi, ma nelle mie (dis)avventure, mi è capitato di incontrare principalmente loro. L’inverno è sicuramente la stagione più indicata per osservarli in tutta la loro maestosità, le condizioni climatiche “avverse” favoriscono il riprodursi e il fiorire di questi individui, e una buona “luce delle stranezze” è forse quanto di più indicato per salvaguardarsi dal girone infernale dedicato ai bestemmiatori.

Metafisica semiseria della banana firmata. (I’ve found a signed banana)

signed banana

Poche sono le persone le quali sanno a cosa mi riferisco, e forse nemmeno loro conoscono il profondo significato della famigerata “signed banana”.
Succede a volte, sul finire di un estenuante turno di lavoro cinelandiano, di risalire in cabina di proiezione, e trovare, sul tavolo davanti al monitor del computer che gestisce i proiettori, quanto di più inaspettato ci si possa immaginare.
Disarmante nella sua…giallezza, immota, trascendentale, si specchia nello schermo pieno di pixel del vecchio monitor, la più firmata banana mai esistita.

Ho provato spesso a immaginare le possibili reazioni che una persona più o meno normale, avrebbe potuto avere, nello scoprire cotanto giallore siglato, ma sicuramente un’espressione da tonno, attonita, vacua, sarebbe stata la più gettonata.

Ma cos’è per me, la banana firmata? Cosa significa per il mondo?
La banana firmata è quello che non ci si aspetta, tutto quello che non dovrebbe succedere e invece ce lo si trova lì, schiaffato nel piatto del pranzo della mente.
La banana firmata è il fantasma di una pressione incombente, la sensazione che tutto, a momenti, potrebbe rivoluzionartisi attorno, e tutto sommato non accade.
La banana firmata è il tempo che viene spremuto dalle tue mani, fuggendo in uno sprazzo d’azzurro nel cielo plumbeo, è un sentiero di campagna che sprofonda in un oceano pieno di meduse con costumi da clown.
La banana firmata è il parcheggio del cinema il sabato sera, il disagio per strada nel giorno di mercato, la banana firmata è l’accendere la luce delle stranezze per un’auto in contromano, una poesia futurista che parla di industrie e di barche, della velocità degli insetti, di elettricità saltellante.
La banana firmata è una nuvola nera ribollente, gravida d’insulti per un esame non passato, sono le imprecazioni di un atleta caduto durante la corsa agli ostacoli, il “comincio lunedì” detto di una dieta da iniziare dopo le abbuffate natalizie.
Una miccia d’acciaio troppo fredda per bruciare, troppo pesante per saltare, in aria o all’indietro, da un trampolino, se vogliamo.
Una banana firmata, posso affermare, è simile alla sensazione che si ha prima di un esame per il quale s’è studiato poco, non abbastanza per saperne troppo, non così poco da non saperne niente.
La banana firmata è un bagno pubblico con la serratura rotta, è urtare con il mignolo del piede contro la gamba del tavolo, è il vecchio col cappello sulla Panda la domenica mattina.

Ho trovato una banana firmata, e quello che mi è sembrato di trovare, è stato solo del tempo perso, ma ormai se n’è andato anche lui.