Fredda alba sul calar delle stelle

alba

Altra notte insonne, passata tra un film di troppo e qualche pagina di studio, troppo svogliato per rimanere nella testa per più di un paio di giorni, dopo “le solite 3 di niente” trascorse a cavallo del cinema e di un parcheggio, a raccontarci del nulla, trovandolo così interessante.
Uno sguardo alla finestra per ammirare la città che tenta di addormentarsi invano tra le insistenti sirene di ambulanze e antifurto, che urlano sopra al cigolare monotono delle gru in costruzione sulla strada.
La prima luce che filtra dall’abbaino culla in sé il cinguettio incessante di scriccioli e pettirossi che rallegrano la nascita di un nuovo giorno.
Le ultime e insonni stelle vegliano il sorgere dell’ennesima fredda mattina di un Gennaio sonnacchioso che ancora si rigira sotto un’umida e grigia nebbia, troppo addormentata per lasciare spazio ai campi e ai giardini sottostanti.
Guardo il gatto che si accoccola pigramente sulla pila di vestiti gettati a casaccio in un angolo della camera, una doccia veloce e torno nella mia stanza, pregna di odore di tabacco dolce e bagnoschiuma, tornando sulle pagine scarabocchiate del mio blocco-note che ormai sanno di vecchio: pagine piene di parole senza senso, frasi figlie di un bicchiere di troppo, pensieri scritti al lume della noia.
Le finestre bloccate dalla condensa gelata, diventate ormai tele per volute di fragili cristalli di ghiaccio, effimeri dipinti destinati a perdersi in poche ore, un gelido spettacolo di natura del quale nessun altro potrà mai godere.
Si sentono in lontananza le cornacchie tornare dai campi alla città, gracchiando placidamente ad un sole con un passo ancora troppo corto per mantenere i piedi tra le montagne e la collina.
Osservo un Venere ormai stanco, calare lentamente, mentre sparisce in un istante tra i primi chiarori dell’alba.

Qualche pensiero notturno portato dal vento

a-night-wind

3 Febbraio, notte inoltrata, insonnia pressante e il vento che fa scricchiolare le tegole sopra le travi della mia mansarda. Il non dormire amalgama i pensieri, facendo ribollire nella mia testa un minestrone di idee miste comprato al discount delle paranoie.
Il termometro segna quasi 10°C, ma il vento freddo fa pensare a ben altre temperature.
Mi piace. Voglio dire, il vento mi piace: è rilassante, costante… penso che dopo i temporali sia uno dei fenomeni atmosferici che più preferisco. Ammetto però di non aver visto (ancora) un’aurora polare.
Ricordo una serata molto simile, anni fa. Forse per effetto del vento, l’aria tersa rendeva tutto più nitido, le luci dei paesi in collina tremolavano come stelle, che si sarebbero viste, non fosse stato per l’estrema vicinanza con la città. Il caratteristico odore nell’aria (neve? Forse un assaggio di primavera anticipata?) entrava in tutto il corpo e ti faceva restare sveglio a godere di quella pace silenziosa che si veniva a creare lungo il viale del cimitero.
Ero andato, quella volta come stanotte, a fare un giro verso il ponte, ricordo che allora il mio gatto Matisse mi aveva accompagnato fin in fondo alla strada, seguendomi curioso sui muretti delle case addormentate per la via.
Era stata la sera in cui avevo iniziato a scrivere il primo “blog”, la pagina legata all’allora Msn Messenger, un post simile a questo, un nulla condito da qualche folata di vento dal sapore primaverile.
Quanto tempo è passato da allora…10 anni? Forse qualcosa di meno, ma sembra un’eternità.
Non ricordo di aver avuto la testa così incasinata, allora, tanto normale non lo è mai stata, se devo essere sincero, ma sicuramente il motivo della passeggiata notturna di quella volta si limitava ad essere una pura sgranchita di gambe serale dopo una lunga giornata.
Quella di stasera, la camminata, intendo, è stata più che altro una buona scusa per rinfrescare bene le idee sui miei obiettivi futuri, su cosa voglio ora e su come ottenerlo (o almeno come cercare di farlo), una specie di esame di coscienza esente da ogni forma di religiosità, su segnali non colti o forse male interpretati, su un “conosci te stesso” che è diventato ormai un cliché troppo abusato per restare a pensarci su.
Alcune risposte a qualcuna delle mie ultime domande sono arrivate assieme alle foglie sminuzzate, spazzate in mezzo alla strada, vorticando per qualche secondo accanto all’angolo del muretto, portando con loro altre domande, come tessere di un puzzle vegetale che pretende di ricostruire l’intero viale a partire dai loro frammenti, caduti a terra e disintegratisi durante l’autunno.
Non c’è solo confusione, naturalmente: dico sempre di non essere una persona arrendevole, ma so fin troppo bene che talvolta possa lasciarmi prendere un po’ troppo la mano dallo sconforto, in una gran varietà di situazioni, l’abilità di rendere complicate cose che altrimenti non lo sarebbero scorre possente, in me.
In realtà so bene che molte di queste cose, SONO complicate, ma non so, non posso e non riesco ad accontentarmi di come le stia affrontando: SO che basterebbe poco, SO che servirebbe appena un pizzico di autostima in più, basterebbe l’idea di riuscire a mettere da parte le paure solo per un momento, fare un bel, GRAN respiro, e lasciare correre le parole, il fiato, emozioni e sentimenti.
Non so perchè io stia rivivendo un così drastico ritorno a questa sorta di timidezza mentale, dopo qualche periodo decisamente meno incasinato, ma penso che forse sia giusto così, sono un fervente sostenitore della teoria dei cicli in ogni aspetto del mondo, e probabilmente ora tocca di nuovo a me, in fondo, forse una mente troppo poco movimentata, troppo piatta, troppo uniforme, mi annoierebbe.
Dovrei solo ripensare bene a quello che vorrei, quello che dovrei dire, come dovrei comportarmi ora: non è così semplice, per me, fare quel famoso respiro per lasciare correre le parole, purtroppo capita troppo spesso che le frasi escano a metà, che la prima parte di un discorso vada a buon fine e che la seconda rimanga assieme al minestrone di cui prima, capita un vorrei ma non riesco, un potrei ma non voglio, sensi di colpa senza senso e eccessiva timidezza, eccessivi scrupoli che fanno intendere tutt’altro da quello che in realtà possa provare.
E’ una bella serata, in fondo, un poco noiosa, forse, dovrei svegliarmi fra 4 ore, passare la mattina a correre per i boschi e il pomeriggio a studiare, o meglio, a lottare contro il sonno incalzante che si manifesterà dopo pranzo.
Penso che invece andrò a Viatosto a fare un giro.
Per chi non lo sapesse, Viatosto è un’amena località su una bassa collina (Borgo, penso sia il termine corretto) poco fuori Asti: qualche casa, la chiesetta da cartolina, alberi e una strada trafficata da ciclisti e gente in tuta da jogging.
E’ tipico per gli astigiani salutisti, “fare il giro di Viatosto di corsa”, la vista sulla città e le campagne adiacenti è decisamente rilassante anche durante le fatiche del tenersi in forma.
Avevo quasi smesso di andarci, ci vanno appena 5 minuti di macchina, da casa mia, ma ultimamente avevo preso l’abitudine di fare passeggiate più in mezzo a boschi e in riva al fiume, piuttosto che lì.
Ammetto che il più delle volte, mi limito a lasciar la macchina giù in fondo, vicino all’ospedale, e andare su a piedi, godermi un po’ la vista dalla piazza della chiesa, un caffè al bar, due linee di matita sul mio notes, tanto per non lasciarlo inutilizzato, e tornare giù al parcheggio…non è forse molto, ma la trovo una cosa estremamente rilassante, lontano dall’aria grigia e pesante del centro, un piccolo angolo felice di campagna tra la collina e l’autostrada.
Si, mi piace andare là, e l’idea di quest’aria più pulita, limpida, piena di nuovo fresco, di questo odore di montagna, di cielo azzurro sconfinato, mi fa pensare che tornerò molto più spesso a sgranchirmi le gambe lungo quella stradina appena fuori città.

Pensieri alla finestra (la verità è che…) (secondo post ammappacchionante, ma più serio del primo)

stitch

Non ho avuto molta fantasia, di recente.
Voglio dire, l’ispirazione c’è sempre, c’è sempre stata e anzi, ammetto che forse ce n’è anche più del solito, ma riuscire a dare una sistemata a tutti i pensieri “ispirati” è tutto un altro affare.
Questo sarà un altro articolo ammappacchionante, o almeno credo. Non mi sono preparato nessuna bozza prima di mettermi a scrivere e sto improvvisando, cosa che di solito non faccio…spero solo di non dovermi dilungare troppo (è quasi ora di pranzo e detesto lasciare le cose a metà e riprenderle dopo una pausa, e si, vale anche per il cibo.).

A ben pensarci, come ho potuto notare in molti dei miei ultimi discorsi (seri e non), negli ultimi tempi ho fatto un sacco di cose che di solito invece non faccio, tante volte mi è capitato di dire “normalmente no, ma oggi…” e non riesco a decidermi se tutto ciò sia il sintomo di qualche cambiamento in corso, il normale esternarsi del mio carattere, o una nuova allucinante crisi d’identità.
La verità è che…non lo so.
Mi piace “La verità è che…”, è una di quelle frasi che calzano bene in qualsiasi discorso, da’ un tono ai pensieri e li fa sembrare molto più interessanti di quanto non siano veramente.
(Sarà anche che ultimamente ho riscoperto l’album dei Theory Of A DeadmanThe Truth is…“…).
Testa incasinata, dunque, nulla di nuovo.
Nel corso degli anni ho trovato diversi rimedi a queste situazioni: passeggiate, musica, disegno, sonno, cibo.
Non sempre però, ho voglia di passeggiare, spesso l’emicrania mi assale, tendo a perdere ogni volta le matite e…beh dovrei dare un taglio anche al cibo da stress.

Ho una finestra, in camera, o meglio, una sola dalla quale è possibile guardare fuori, è occupata da un paio di anni dal telescopio, la vista con in primo piano la fabbrica dietro casa non è un granchè, ma è sempre meglio che niente.
Mi piace, la mia finestra, ha una bella vista sulla Luna quando sorge sulla città, si vedono bene le colline, e quando la Luna non c’è, si riescono a vedere un bel po’ di stelle.
Ho iniziato a guardare dalla finestra la notte un paio di anni fa, d’estate.
Come al solito non riuscivo a dormire, ero preoccupato per tante cose, mi dispiaceva aver litigato con alcune persone, avevo molti dubbi e sospetti che si rincorrevano in testa, e aspettavo un aereo.
Non dovevo prenderlo io, l’aereo, doveva atterrare in nottata, molto lontano da qui, e sapevo già che dal momento in cui sarebbe atterrato, sarebbero cambiate tante cose.
In effetti sono cambiate, ma questa è un’altra storia.
Il punto è che ho passato le mie nottate a contare gli aerei che passavano, tra una stella cadente e l’altra, al di sopra delle nuvole.
La verità è che guardare fuori dalla mia finestra, fa emergere tante verità.

La verità è che guardare il cielo mi rilassa, e se il cielo è riuscito a rilassarmi in quell’occasione, riuscirà a rilassarmi in qualsiasi altra occasione.
La verità è che anche se non ho niente di cui preoccuparmi, mi piace aprire la finestra e guardare fuori.
E guardando fuori, vengono alla luce molti dubbi e preoccupazioni che, inconsapevolmente, avevo deciso di nascondere durante le giornate.
E la verità è che questo è un bene.
Non mi piace mettere da parte questi pensieri, queste idee, non mi piace abbandonare i miei problemi, che siano “gravi” o meno, senza aver provato minimamente a risolverli.
Credo che non piacerebbe a nessuno.
La verità è che tutto questo, comunque, non serve a risolvere i problemi, serve a riscoprirli, e a dar loro una forma più definita, serve a ricollegarli a problemi passati, a far riemergere le varie soluzioni adottate ai loro tempi.
Anche le mie passeggiate hanno questo effetto, ma la finestra è molto più comoda durante gli ahimè sempre più frequenti attacchi di pigrizia.

La verità è che sono uno che si fa prendere facilmente dallo sconforto delle cattive notizie, ma che comunque sa riprendersi quasi in fretta.
La verità è che sono uno che è di norma ottimista e allegro, che sa prendersi in giro (forse troppo) in qualunque situazione, che si prende sul serio quando fa lo scemo, e che forse dovrebbe farlo anche quando la situazione è meno “scema”.
La verità è che ora avrei un mese, o almeno qualche settimana, di pensieri accumulati da esternare, di discorsi preparati e dimenticati, di disegni da regalare ai miei fogli, di parole che dovrebbero essere portate sempre dietro con se, e che invece rimangono intrappolate nel solito, stracolmo, cassetto dei sogni.
La verità è che se il mondo non va nella direzione giusta, bisogna prendere quella sbagliata. (Nel senso buono della cosa.).
La verità è che molte di queste parole non riescono proprio a uscire al momento giusto, e la verità è che ho deciso di tornare alle origini: scriverle.
A mano, intendo. Mi è sempre piaciuto scrivere lettere, e credo che un ritorno all’inchiostro di una penna abbia un non so che di romantico.

La verità è che ho paura che passi troppo tempo, ma la verità è anche che sono ottimista, sempre e comunque, e non sprecherò la prossima prima occasione per colpa di qualche stupida paranoia rimasta troppo nascosta e non uscita completamente dalla finestra delle mie paure.
“He’s Just Not That into You” dice il titolo di uno dei pochi film romanticoni che abbia apprezzato. La verità è che non gli piaci abbastanza. La verità è che questa frase è troppo lontana dalla verità, piace. Tanto.
La verità è che non mi piace abbastanza come mi comporto (o meglio, come NON mi comporto) in molte occasioni, ma la verità è che ho ancora qualche tempo per dare una sistemata alle parole e ai pensieri, per dire “Ok, ora lo si fa. Quello che deve essere, sarà.”.

La verità è che se non avessi tanti casini per la testa, se non avessi problemi, se tutto andasse al meglio delle cose, forse il guardare dalla finestra, il fissare le stelle tutta la notte, perderebbe molto del senso che ora ha, che gli ho dato,  e la verità è che forse sarebbe un vero peccato.

Forse (considerazioni random dettate dalla paranoia – parte uno)

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Forse il non trovare fiato per spiccicare una parola non è una cosa troppo negativa.
Forse è perchè la si ritiene una situazione abbastanza meritevole di farci perdere il respiro.

In attesa di qualcosa

calendario

Giovedì sera
passato ad aspettare,
passato a ripensare
a recenti discorsi
d’idee e aspettative
e passioni e interessi,
d’insonnia di cinema
e studi futuri.
Passato a provare
una nuova divisa,
un modo diverso
di sembrar sempre uguale.
Eppure qualcosa
potrebbe accadere,
fulmini di pensieri
balenano nella testa,
come lampi di un prossimo futuro,
troppo prossimo
per far finta di non avere tempo.

What’s up? (Attenzione: post ammappacchionante)

bugsbunny

Che succede? Non volevo già iniziare con post ammappacchionanti (voglio il copyright sull’ammappacchionante), ma, tant’è, uno al gior…settim… uhm, facciamo uno al mese, magari non guasta poi così tanto.
In realtà durante la giornata non ho raccolto spunti per qualche post un pelo più interessante, ammetto che in realtà ho cercato qualche modo per distrarmi da un sacco di fastidi che da qualche tempo ronzano un po’ troppo forte nella mia testa.
E così, dopo non essere riuscito a prendere sonno fino alle 4 di stanotte (come mi è stato giustamente fatto notare oggi: troppo tardi o troppo presto?), un rapido (in realtà qualsiasi pasto che superi la mezzora è troppo lungo, per quanto mi riguarda) pranzo a base di lasagne e un’idea malsana: spolverare l’arco, dargli una rapida sistemata e andare a tirare due frecce.

Sono stati tempi un po’ movimentati, o perlomeno per quanto riguarda la mia testa, cose per le quali un Moment non potrebbe bastare.
Pensieri e paure. Non sto male, c’è da dirlo, penso che in giro sia già abbastanza pieno di finti depressi che pensano sia molto cool farsi vedere cupi, lontani dal mondo, tormentati. E’ anche probabile che io mi sia perso qualche passaggio, nel mio processo di crescita, se è effettivamente necessario imboccare questo genere di comportamento, ad un certo punto, o peggio, se sia necessario fermarcisi e sguazzarci dentro. Più che altro, Non riesco, con tutta la mia buona volontà, a vedere il lato figo della faccenda, non metto in dubbio che ci possano essere persone realmente messe male, a livello psicologico…ma vedere certa gente, che ha la palese intenzione di mostrarsi così, beh fa sorridere.

Come dicevo, non sono una persona di questo tipo, ho naturalmente avuto anche io i miei momenti-no, è ovvio, ho avuto anche io i miei giorni rinchiusi in mura di tristezza insormontabili…ma non sto lì a menarla in giro con frasi e link su facebook, fatte e fatti di filosofia spicciola che fa molto presa sui gggiovani, dal mondo che non mi capisce, all’infinito vuoto che mi sta divorando dal cuore, il mare di lacrime che fa annegare i miei pensieri, il gattino puccettino che miagola smielate frasi pseudo amorose su una foto, un tizio fumettoso con l’espressione cupa, che vomita frasi piene di parolone troppo grosse per restare confinate tra le pagine, vendetta, destino.
In effetti forse mi è capitato di scrivere qualcosa di simile, in passato, e, chiunque dei miei amici potrà affermarlo, escono spesso dalla mia bocca frasi tipo “stasera non esco che devo buttarmi a Tanaro con una pietra al collo”, “quando torno a casa mi suicido”…ma fortunatamente, chiunque dei miei amici sa che sono uno a cui piace prendere e soprattutto prendersi in giro.

Tempi movimentati, per me, l’insonnia che, dopo avermi abbandonato per quasi un anno, torna tutte le notti nel mio letto, un’amante troppo invadente e troppo affamata che non vuole saperne di essere lasciata.
Affamata di quei pensieri, di quei dubbi, di quelle frasi non dette e di quegli sguardi evitati, sguardi fugaci, di nascosto, come un ladro in cerca del prossimo negozio da svaligiare, come le occhiate sul retrovisore prima di un sorpasso in autostrada. Assetata, di tutti i discorsi mai usciti al giusto momento, di quelli preparati a puntino e rimasti lì, chiusi nel famoso cassetto dei sogni, tra mutande e calzini bucati, assetata di quei “è il momento buono”, di tutti gli “ora lo dico, ora lo faccio”, del fiato inghiottito, delle giuste parole al momento sbagliato, delle parole sbagliate al momento giusto, del coraggio che scappa a farsi un bicchiere di troppo e che torna a casa troppo tardi, Assetata, e affamata, dell’aria che continua a mancare.

And You feel Yourself suffocating

In effetti, a parte questi…pensieri, dubbi, a parte il coraggio che scappa e che a mia insaputa invita timidezza e insonnia ad un party da me, tutto il resto, non è poi così male.
Certo che poi se guardo in televisione, e da “pomeriggio cinque”, giro alla ricerca di qualcosa di interessante, trovo montagne di programmi “sportivi”, che non fanno altro che parlare di calcio, trovo il solito Berlusconi che si commenta da sè, trovo il Wrestling, trovo entusiastiche telecronache a partite di…poker…, se mi capita ciò, capisco che il resto, in effetti, è tutto una merda, ma per fortuna, sono io, che in fondo non sono così male.
Forse le due ore di frecce oggi pomeriggio hanno contribuito in qualche modo a fare un po’ di chiarezza (in effetti, forse è stata di più la temperatura), forse l’idea di intraprendere, a breve, un nuovo hobby che ha l’idea di essere abbastanza un valido aiuto allo stress, il basso che mi attende ogni giorno lì, appoggiato al tavolo, i libri che aspettano impazienti di essere riletti, i film che occupano spazio sull’Hard disk, il binocolo sempre pronto di fianco alla finestra, appeso al telescopio, il mio notes e la mia matita…forse sono tutti lì, a implorarmi di non buttarmi giù per queste cose, a urlarmi nel loro immoto silenzio di star sereno, distrarmi e fare quel che mi sento. Di non dare troppo peso ai problemi, ma di cercare di risolverli, perchè, nonostante le mille frasi facebookiane di cui prima, il tempo, sinceramente, non serve a un beneamato cazzo.

Temo di aver scritto un sacco di boiate, alla veloce e con un italiano peggiore di quello usato da immigrati marziani nel cessi di un autogrill spaziale, ma in fondo avevo bisogno di metter giù un veloce sfogo per liberare un poco la testa. E sembra essere quasi servito.

Insomnia

sveglia

Notte di vuoto.

Sguardo sul muro

a interrogare il soffitto.

Risposte di plastica

bevute con l’acqua

di vuote bottiglie

sul ciglio del letto.

Insonnia.

Già nata in serata,

risposte mancate

di frasi sfuggite,

di gesti rimasti

nell’ermetico oceano

della mia testa sopita.