Quando l’indecenza va comunque in rete.

mondiali

Piccola premessa che potrà essere una tipica frase da “settimana mondiale del luogo comune” : personalmente seguo il calcio solamente durante i mondiali.
Ho smesso di seguire da “appassionato” il gioco del pallone da circa gli ultimi mondiali Francesi, nell’ormai lontano 1998, molti dei nomi Azzurri presenti alle ultime competizioni mondiali, non li avevo mai neanche sentiti nominare.
Ho seguito tutte e tre le partite della Nazionale in Brasile, più o meno con entusiasmo, compreso l’ultimo sofferente scontro con l’Uruguay ieri pomeriggio, l’Italia è uscita dal mondiale, qualche imprecazione malinconica, qualche “è colpa di…”, e poi a cenare in pizzeria con gli amici, a cazzeggiare come sempre, a prenderci in giro e passare il tempo come se la delusione mondiale non fosse mai accaduta.
L’errore della giornata si è manifestato nel momento in cui ho riacceso il computer e ho dato un’occhiata alla Home di Facebook e ai commenti su Twitter, le repliche ai post della stampa e sfoghi random tra risposte confusionarie e allenatori da tastiera.
E a me ‘ste cose fanno davvero incazzare.
Sono pieno, tra i contatti di Facebook, di persone che ogni giorno pubblicano e condividono stati, post, immagini, di come l’Italia faccia schifo (i primi a urlare e dimenarsi di “gioia” ad ogni partita della Nazionale che si è svolta in queste settimane), di frasi razziste e fasciste, di gente che sa solamente parlare (male – inteso nel senso di: non saperne parlare) di politica e via dicendo.
Quando questa gente inizia anche a sfogare le proprie frustrazioni politico-sociali amalgamandole al calcio, si assiste ad un circo di ipocrisia animato dalle più disparate persone:
Quelli che loro sono superiori all’Italiano medio e i mondiali non li guardano per solidarietà con il popolo Brasiliano, ma che dopo l’uscita dell’Italia ne sanno più di quelli che le partite le hanno dichiaratamente guardate.
Quelli che sono contenti che l’Italia abbia fatto una figura di mer…endina, e lo devono esternare con vari “godoooo”,”era ora!” etc, che andrebbero letti più o meno come un “Cagatemi, sono un anticonformista, nessuno è come me, guardatemi, datemi attenzione, sono figo perchè dico il contrario di quello che dice la gente, scrivetemi, mi sento tanto solo”.
Quelli che sono tutti allenatori, quelli che se avessero giocato come avrebbero voluto loro, ora staremmo agli ottavi, quelli che hanno un insulto pronto per ogni giocatore che abbia toccato palla durante la partita.
Quelli che “La Nazionale ha fatto schifo perchè riflette la vera situazione dell’Italia, che fa schifo”. (‘zzo centra?)
Quelli che “la Nazionale ormai da’ troppo spazio a giocatori stranieri a discapito dei giovani Italiani” (sic!), che sono poi gli stessi che passano le giornate a intasare la Home di Facebook con post pieni di foto di balilla e profili di Mussolini, trentenni o bimbiminkia che “quando c’era lui…”.
Quelli che sono superiori all’Italiano medio perchè la gente è scema a dispiacersi per una partita quando ci sono mille altri problemi a cui pensare.
Quelli che sono superiori all’Italiano medio perchè quando perde la Nazionale si dispiacciono tutti e quando i politici rubano se ne fregano.
Quelli che andranno avanti mesi a sottolineare come l’Italiano medio sia più interessato al calcio che alla politica del Paese, con post, stati e immagini obsolete che girano ormai da anni su qualsiasi Social Network.
Io penso che l’Italiano medio non sia quello che si siede a vedere la partita a fare un po’ di sano tifo quando serve, credo che l’Italiano medio (ma ha ancora davvero senso parlare di Italiani medi?) – almeno a giudicare dalla media di contatti che hanno troppo tempo libero per scrivere ‘sto mare di cagate – siano proprio loro, con il loro modo di trovare qualsiasi appiglio per polemizzare qualsiasi cosa, il loro modo di dover convincere (ma soprattutto convincersi) di essere superiori, il loro modo di guardare gli altri con compassione, perchè ormai seguire tre cazzo di partite di calcio significa essere delle pecore ipnotizzate, perchè partecipare a qualsiasi evento che non abbia come fine ultimo l’insultare il proprio Paese significa non preoccuparsi della situazione in cui stiamo vivendo, perchè “ci sono ben altre cose a cui pensare”, come se loro, ogni giorno, ora, minuto, secondo, della loro stracazzo di vita disagiata, lo passassero a trovare modi per risollevare l’Italia e il Mondo dal mare di fango in cui si trova ora.
Naturalmente – e per fortuna – poi ci sono anche commenti, post e stati divertenti, di gente che ha preso la faccenda per quello che è stata veramente, senza uscirsene in supercazzole autoreferenziali, sia da parte di chi il calcio lo segue sempre, senza esserne un invasato, sia da parte di chi, come me, se ne interessa solo ogni 4 anni, uno dei migliori che ho letto oggi (ormai ieri) è stato questo del mio ex collega Lorenzo: “e come ogni 4 anni, insieme all’arrivo dei mondiali, arrivano anche gli intellettuali che devono farti sapere a tutti i costi quanto loro non sprechino il loro tempo a guardare 11 imbecilli che corrono dietro ad un pallone. Tranquilli sono sicuro che ci sia una fantastica mostra d’arte moderna per voi, a me piace essere l’italiano medio e guardare la partita con peroni ghiacciata e frittata di cipolle! e ci aggiungo anche un bel viva la figa!”. Non posso dire di essere sempre stato d’accordo con lui, ma a sto giro devo dargli atto di aver detto una cosa con la quale mi trovo assolutamente d’accordo.
Sinceramente, è davvero così terribile trovarsi con gli amici a guardare la partita, passare un paio d’ore a divertirsi e a bere, a gioire (poco) e soffrire (molto), senza poi sentirsi in obbligo di tirar fuori considerazioni politiche, razziste, fasciste, cagacazziste all’inverosimile?
Penso che perderò qualche “amico” da Facebook, ma in fondo stica… gente, con tutto il cuore, avete rotto il cazzo.

Il cobra nero e il carlino scavatore

cobraUh! quanto tempo che non scrivevo qui! Ci sono stati un sacco di contrattempi e imprevisti che hanno alimentato la poca creatività degli ultimi tempi e che mi hanno fatto desistere dal pubblicare le mie solite vaccate sparse!
Beh, mi pareva il caso di ricominciare, e di farlo nella maniera più surreale che conosca: raccontare uno dei tanti sogni (penso che i prossimi post saranno improntati soprattutto a questo, infatti) strambi che mi sono capitati nel corso di 26 lunghi anni.
Direi di iniziare dal sogno della scorsa notte, già che lo ho ancora bene (insomma…) in mente.

C’era una volta, e con “volta” intendo “ieri”, un tizio biondo, alto, con gli occhi azzurri che aveva un gatto nero. Una gatta.
Il tizio biondo, che per qualche strano motivo si trovava nella sua casa al mare di Ceriale, aveva appena trovato un altro gatto, sempre nero, il quale però era abbastanza stupido, e, nella sua felina ignoranza, un giorno chiese al suo biondo padrone: “Babbaì, ma me lo spieghi cosa vuol dire “o”?
Al che, il povero ragazzo si trovò a dover spiegare il significato della congiunzione semplice “o”, al gatto stupidotto.
Accortosi che una volpe (che in realtà era un gatto arancione) si era comodamente acciambellata su una sedia posta sul balcone, il nostro tizio decise di lasciar perdere le spiegazioni al gatto, per concentrarsi sul fare qualche bella foto alla nuova arrivata, lottando però con le dita della sua mano sinistra, che continuavano ad oscurare l’obiettivo della macchina fotografica.
Sceso al piano di sotto per andare a cercare la “volpe”, che nel frattempo era fuggita, il biondo si accorse di essere tornato alla sua casetta di Asti, in giardino, che era pieno di strane buche profonde, come delle tane di marmotta.
“Ohibò” esclamò il tizio, “E questo?” si chiese, controllando una profonda voragine proprio sotto il marciapiede del giardino.
Una grossa buca,larga almeno due metri e profonda quattro o cinque, e piena di detriti, sassi e cartacce, si era creata proprio di fronte alla porta di casa, e la “volpe” ci si era tuffata dentro per sfuggire alla sessione fotografica di cui prima.
Forse è meglio che non ci entri, perchè lì c’è il cobra nero” pensò il tizio.
Dando un’occhiata esplorativa alle altre buche, scoprì, in una di esse, un cane, uno strano incrocio tra un carlino e un bulldog, rintanato all’interno e mezzo coperto di terra e fango.“Ovvio!” esclamò il biondo, “sta andando in letargo!”.
Dopo aver scientificamente appurato del letargo del carlino, uno strano sibilo – che però era più una specie di urlo/fischio – uscì dalla voragine del cobra nero, e all’improvviso, un grosso serpente ne uscì velocemente, iniziando a strisciare e saltare per il giardino.
Curiosamente, il cobra nero, era marrone chiaro.
E non era un cobra.
Urlando e fischiando, il grande ofide, scappò attraverso le maglie della rete che delimitava il perimetro del giardino, il biondo fuggì a cercare aiuto alla casa degli zii accanto, correndo però troppo oltre sulla strada, dimenticandosi di chiedere aiuto.
Dopo 2-300 metri di troppo, il nostro eroe decise di tornare sui suoi passi, e notò proprio davanti casa, un furgoncino bianco con una scritta poco leggibile sulla fiancata (ma sono sicuro ci fosse scritto “the mistery machine” anche senza averlo letto) e due tizi, un uomo pelato in canotta blu e una donna, sulla strada, accorsi per catturare il temibile cobra nero, che ora riposava placidamente sull’inferriata del cancello del cortile.
Il tizio pelato non aspettò oltre, afferrò il cobra per la coda con un gesto atleticissimo e…si prese un bel morso sul petto da parte dell’animale, che era sì afferrato per la punta della coda, ma sicuramente molto più lungo del braccio del tizio, e decisamente più sveglio.
I due eroi riuscirono così a sistemare il pericoloso serpente dentro al loro mistery furgone, e se ne andarono,ma non prima di un “eh, e adesso devo farmi l’antidoto” del tizio, soddisfatto per il lavoro appena svolto.

Questo era il sogno di ieri (ormai l’altroieri) notte, senza senso, come tutti i miei migliori sogni, ma con un fondo di “verità”: ieri pomeriggio, non so per quale ragione, ho bazzicato parecchio su wikipedia per cercare qualche informazione su qualche serpente, non sul “cobra nero”, ma comunque penso che sia stato per quello, che il bizzarro ofide mi sia venuto a trovare nel sogno.
La cosa “inquietante” invece è stata che appena mi sono svegliato e sceso di sotto in sala, e quindi dopo pochi minuti dalla fine del sogno, ho trovato la gatta sotto a una sedia, che guardava incuriosita un piccolo biacco strisciante che aveva appena portato in casa…

I mali del mondo (non è poi così tanto male) – male numero uno

evil

Comincio oggi con questo post, a elencare quelli che, secondo me, sono i peggiori mali del mondo. Vorrei lasciar a siti e testate giornalistiche ben più importanti, tutte le guerre, la fame, le carestie, le balene sterminate e la classe politica, per concentrarmi su quelle che sono le disgrazie più vicine a noi del popolo.

Inizio con una citazione del mio professore di Filosofia del Liceo, quando disse:

Il male assoluto è la birra calda

V.D.P.

A questo aggiungo del mio:

Il male è rovesciare un sacchetto di pistacchi da 400gr aperto sulle scale

L.B.

Passatempi senza senso – parte uno

paperchopper

E’ sicuramente insano
fabbricar elicotteri di carta,
un biglietto strappato
a un ignaro spettatore.
Girandola infuocata
dal ciglio della scala
a raggiungere i corpi
di orsetti colorati
caduti da un bicchiere.
Noi ci annoiamo troppo.

La luce delle stranezze (rapida analisi dei guidatori Astigiani)

vecchio

Non so se io sia l’unico, a trovare sempre, e dico SEMPRE, un sacco di disagio, ogniqualvolta prenda la macchina per fare anche il più minimo spostamento.
Sarà poi che in questo buco di città, ogniqualvolta si presenti un giorno di mercato (mercoledì e sabato), neve, pioggia, vento, umidità, la sagra del sedano, una giornata troppo calda o una troppo fredda, ogni volta che le previsioni danno neve, ogni volta che qualche popolo estinto predice la fine del mondo, ogni fottuto giorno, la gente decida di buttare nel cesso le già poche nozioni di guida che ha accumulato nel corso della propria esistenza.
La “luce delle stranezze” è quella luce che andrebbe accesa quando per strada davanti a noi, capiti una qualsiasi situazione di disagio non spiegabile dall’umano intelletto, dalla macchina che transita ai 20/h su una strada completamente libera la domenica mattina, a quella che ti trovi parcheggiata perpendicolarmente alla direzione di marcia, in mezzo alla strada.
Disagi come questi indurrebbero ogni persona normale (si, in questo frangente mi considero “normale”) a estrarre il proprio prontuario di santi e sante del giorno, per dar sfogo alla più blasfema delle invettive.
E’ proprio qui che interviene la nostra luce, secondo il suo spettabile ideatore, il mio amico Dario, dovrebbe fungere da antistress e placare gli istinti omicidi partoriti a nastro dalla nostra testa.
Non credo che basterebbero tutti i Gb di memoria di cui dispone WordPress, per elencare una a una, le tipologie di disagiati che affollano le nostre inadeguate vie, ma proverò a stilare un breve elenco delle più temute.

  • IL VECCHIO COL CAPPELLONon ha bisogno di presentazioni, il vecchio col cappello è IL disagio. Tipicamente seduto alla guida di una Panda Fire verde, predilige copricapi scuri, occhiali a fondo di bottiglia e cappotti pesanti. Il vecchio col cappello è sempre orgoglioso di scendere in strada, specie la domenica mattina, per andare a messa, facendosi accompagnare talvolta dalla propria sdentata consorte. Caratteristica principale della guida del vecchio col cappello è il guidare in centro alla carreggiata, quasi a cavallo delle due corsie. Sedile tirato completamente in avanti verso il volante e con il viso proiettato in avanti, a tendere i muscoli facciali in una specie di smorfia simile a un sorriso beffardo, il vecchio col cappello non crede in velocità che possano superare 25 km/h, lanciato in vie sgombre alle 9 del mattino di un qualsiasi giorno festivo. Il parcheggio del vecchio col cappello può essere un processo lungo, dalle 5 alle 10 manovre, a seconda di età, sesso, decimi di vista persi, importanza della messa alla quale ha intenzione di partecipare.
  • IL FIGLIO DEL GENERALE CUSTER: Quello che le frecce le lascia agli Indiani. Si tratta normalmente di individui sia neopatentati, sia più cresciuti, fino alla soglia dei 60 anni, dopo la quale, preso dai rimorsi, inizierà ad abusare delle frecce, lasciandole perennemente attivate, prima di tramutarsi in vecchio col cappello. Guidano ogni sorta di veicolo, con una tendenza a autovetture di nuova fattura, spesso molto curate. Una nuova teoria al vaglio degli esperti, è che probabilmente queste persone non vertano in condizioni economiche agiate, motivo per il quale decidano di risparmiare acquistando veicoli sprovvisti di indicatori di direzione: meno luci, meno spesa.
  • IL FIGLIO DI TORO SEDUTO: Quello che le frecce le ha, e ne fa bella mostra. Acerrimo nemico del figlio del Generale Custer, per il quale prova odio e sdegno, è un arciere provetto: frecce sempre azionate, in città come in autostrada. Solitamente si tratta di individui che abbiano passato i 55-60 anni di età, ma non sono comunque pochi, i neopatentati che si dimostrano dei figli di Toro Seduto; si nota nella loro popolazione, una forte percentuale di individui di sesso femminile, di ogni età. Si pensa che si tratti di persone invischiate in qualche affare losco, e che per questo tentino con il loro costante lampeggiare, di confondere chiunque possa trovarglisi dietro.
  • IL SOMMO LUMINESCENTE: Costui ha visto la luce, e la sua immensa saggezza gli suggerisce che anche TU debba vederla. Per questo motivo il nostro Sommo Luminescente viaggia in qualsiasi momento, su qualsiasi strada, con gli abbaglianti accesi, o con i fari completamente alzati. Una grande percentuale di Sommi Luminescenti (specialmente quelli che viaggiano nella corsia a fianco, venendo verso di noi) guida macchine grandi e lussuose, che possono permettersi di montare direttamente la luce della Lanterna di Genova al posto dei fanali.
  • IL TESTA QUADRA: Il Testa Quadra, pensa quadrato. E in una città con più rotonde che semafori forse non è il massimo. In realtà esistono diverse sottospecie di Testa Quadra, è impressionante e disarmante l’infinità di modi per incasinare il traffico in una rotonda, è qualcosa che ha del paranormale. C’è da dire, comunque, che alcune rotonde sono più soggette alle incursioni dei Testa Quadra di altre, specialmente nella zona Nord e Nord-Ovest della città, la percentuale di presenza di guidatori simili è più alta rispetto al resto della città. Il comportamento più tipico è il semplice non dare precedenza a chi spetta, comportamento accentuato dai più giovani da un sorrisetto di sfida lanciato verso il povero guidatore che ha appena inchiodato per evitare una catastrofe. Ci sono poi i timidi, quelli che non si osano fare il primo passo, e perciò restano fermi fino a quando la successiva macchina con precedenza non sia ad almeno 100 metri, prima di tentare un fiacco tentativo di entrare. Una sotto-categoria dei timidi è sicuramente quella dei Pieni di Rimorso, i quali, una volta entrati nella rotonda, pensano bene di non aver fatto una scelta in linea con la propria condotta morale, e restano lì, fermi a fare passare la macchina che, ormai essendo a meno di 100 metri, non trovano giusto non far passare per prima. E’ stato comunque riscontrato che questa tipologia di Testa Quadra, può talvolta uscire dal proprio habitat e può farsi osservare in comuni incroci, specie quelli dopo i sottopassaggi della ferrovia.
  • L’UBRIACO: Tipologia di guidatore che può trarre in inganno: in effetti egli NON è realmente ubriaco, ma probabilmente i fumi di scarico della propria auto riescono a riempire l’abitacolo causando gravi squilibri psico-fisici, generando uno stile di guida “aiuto-ho-un-gatto-famelico-nelle-mutande”.Di norma la vettura, in un tratto standard di strada a due corsie e due sensi di marcia, rettilineo e di lunghezza 300 metri, attraverserà la linea che separa le corsie un numero pari di volte, equivalente ai minuti di ritardo che vi ha fatto accumulare nel frattempo, al quadrato. Non è ovviamente possibile effettuare un sorpasso a carico di un Ubriaco, a causa dei repentini cambi di corsia di quest’ultimo. Tipicamente questa tipologia di guidatore è seduta sui sedili di PickUp, Fuoristrada e Camion di tutte le dimensioni.

Ovviamente non ci sono solamente questi, ma nelle mie (dis)avventure, mi è capitato di incontrare principalmente loro. L’inverno è sicuramente la stagione più indicata per osservarli in tutta la loro maestosità, le condizioni climatiche “avverse” favoriscono il riprodursi e il fiorire di questi individui, e una buona “luce delle stranezze” è forse quanto di più indicato per salvaguardarsi dal girone infernale dedicato ai bestemmiatori.

Metafisica semiseria della banana firmata. (I’ve found a signed banana)

signed banana

Poche sono le persone le quali sanno a cosa mi riferisco, e forse nemmeno loro conoscono il profondo significato della famigerata “signed banana”.
Succede a volte, sul finire di un estenuante turno di lavoro cinelandiano, di risalire in cabina di proiezione, e trovare, sul tavolo davanti al monitor del computer che gestisce i proiettori, quanto di più inaspettato ci si possa immaginare.
Disarmante nella sua…giallezza, immota, trascendentale, si specchia nello schermo pieno di pixel del vecchio monitor, la più firmata banana mai esistita.

Ho provato spesso a immaginare le possibili reazioni che una persona più o meno normale, avrebbe potuto avere, nello scoprire cotanto giallore siglato, ma sicuramente un’espressione da tonno, attonita, vacua, sarebbe stata la più gettonata.

Ma cos’è per me, la banana firmata? Cosa significa per il mondo?
La banana firmata è quello che non ci si aspetta, tutto quello che non dovrebbe succedere e invece ce lo si trova lì, schiaffato nel piatto del pranzo della mente.
La banana firmata è il fantasma di una pressione incombente, la sensazione che tutto, a momenti, potrebbe rivoluzionartisi attorno, e tutto sommato non accade.
La banana firmata è il tempo che viene spremuto dalle tue mani, fuggendo in uno sprazzo d’azzurro nel cielo plumbeo, è un sentiero di campagna che sprofonda in un oceano pieno di meduse con costumi da clown.
La banana firmata è il parcheggio del cinema il sabato sera, il disagio per strada nel giorno di mercato, la banana firmata è l’accendere la luce delle stranezze per un’auto in contromano, una poesia futurista che parla di industrie e di barche, della velocità degli insetti, di elettricità saltellante.
La banana firmata è una nuvola nera ribollente, gravida d’insulti per un esame non passato, sono le imprecazioni di un atleta caduto durante la corsa agli ostacoli, il “comincio lunedì” detto di una dieta da iniziare dopo le abbuffate natalizie.
Una miccia d’acciaio troppo fredda per bruciare, troppo pesante per saltare, in aria o all’indietro, da un trampolino, se vogliamo.
Una banana firmata, posso affermare, è simile alla sensazione che si ha prima di un esame per il quale s’è studiato poco, non abbastanza per saperne troppo, non così poco da non saperne niente.
La banana firmata è un bagno pubblico con la serratura rotta, è urtare con il mignolo del piede contro la gamba del tavolo, è il vecchio col cappello sulla Panda la domenica mattina.

Ho trovato una banana firmata, e quello che mi è sembrato di trovare, è stato solo del tempo perso, ma ormai se n’è andato anche lui.