Fredda alba sul calar delle stelle

alba

Altra notte insonne, passata tra un film di troppo e qualche pagina di studio, troppo svogliato per rimanere nella testa per più di un paio di giorni, dopo “le solite 3 di niente” trascorse a cavallo del cinema e di un parcheggio, a raccontarci del nulla, trovandolo così interessante.
Uno sguardo alla finestra per ammirare la città che tenta di addormentarsi invano tra le insistenti sirene di ambulanze e antifurto, che urlano sopra al cigolare monotono delle gru in costruzione sulla strada.
La prima luce che filtra dall’abbaino culla in sé il cinguettio incessante di scriccioli e pettirossi che rallegrano la nascita di un nuovo giorno.
Le ultime e insonni stelle vegliano il sorgere dell’ennesima fredda mattina di un Gennaio sonnacchioso che ancora si rigira sotto un’umida e grigia nebbia, troppo addormentata per lasciare spazio ai campi e ai giardini sottostanti.
Guardo il gatto che si accoccola pigramente sulla pila di vestiti gettati a casaccio in un angolo della camera, una doccia veloce e torno nella mia stanza, pregna di odore di tabacco dolce e bagnoschiuma, tornando sulle pagine scarabocchiate del mio blocco-note che ormai sanno di vecchio: pagine piene di parole senza senso, frasi figlie di un bicchiere di troppo, pensieri scritti al lume della noia.
Le finestre bloccate dalla condensa gelata, diventate ormai tele per volute di fragili cristalli di ghiaccio, effimeri dipinti destinati a perdersi in poche ore, un gelido spettacolo di natura del quale nessun altro potrà mai godere.
Si sentono in lontananza le cornacchie tornare dai campi alla città, gracchiando placidamente ad un sole con un passo ancora troppo corto per mantenere i piedi tra le montagne e la collina.
Osservo un Venere ormai stanco, calare lentamente, mentre sparisce in un istante tra i primi chiarori dell’alba.

Passatempi senza senso – parte uno

paperchopper

E’ sicuramente insano
fabbricar elicotteri di carta,
un biglietto strappato
a un ignaro spettatore.
Girandola infuocata
dal ciglio della scala
a raggiungere i corpi
di orsetti colorati
caduti da un bicchiere.
Noi ci annoiamo troppo.

Opinione a caldo sul film “Vita di Pi”

tigre

Non è mia intenzione scrivere una recensione completa ed esauriente dell’ultimo film di Ang Lee, in tutta sincerità credo di non esserne in grado, forse mi manca quel tocco di criticità in più (e, come a molti, anche a me non piacciono troppo i critici), e forse anche un poco di esperienza cinematografica in sè.
Posso comunque sempre dare la mia personale opinione su questo film, visto ieri sera come al solito, al Cinelandia astigiano.

Ammetto di non avere letto (non ancora, almeno) l’omonimo romanzo di Yann Martel, dal quale è stato tratto il film, non sono quindi a conoscenza delle differenze della trama e della storia. Ho invece letto qualche tempo fa il racconto “Storia di Arthur Gordon Pym“, di E.A.Poe, nel quale fa la sua comparsa il primo Richard Parker letterario, seguito poi in età Vittoriana, da ahimè altri Richard Parker, questa volta reali, accomunati dal fatto di essere stati coinvolti in diversi naufragi, e di non esserne sopravvissuti.

Dal punto di vista prettamente tecnico (pur non essendo un tecnico) posso dire che la fotografia e gli effetti visivi sono molto ben curati, pur non avendo visto la versione 3D, salta subito all’occhio come molte scene (in particolare le tempeste in oceano, le inquadrature con la tigre, la scena della balena e quelle sull’isola) siano state pensate per questa tecnologia, sentendo pareri di chi ha invece visto la versione 3D, è curioso constatare che molti ne abbiano elogiato le caratteristiche (normalmente, almeno per quanto capita di sentire a me, il 3D non sta riscuotendo un gran successo). Il film, sebbene presenti anche scene non particolarmente allegre, fa mostra per tutta la sua durata, di colori molto accesi e saturi (specialmente nella prima parte), il che sembra conferirne un aspetto più “leggero” e fiabesco, mi viene da pensare a un cartoon Disney con attori (in realtà con UN attore, per quasi tutta la durata del film) veri.

Non penso stia a me riassumere l’intera trama del film, anche perché ritengo che prima di leggerne un riassunto, anche di una minima parte, sia necessario per ognuno, guardarlo almeno una volta, ma come ho scritto qualche riga più in su, mi piacerebbe dare un parere personale a “caldo”, prima di poter rivedere il film una seconda volta o più.
Forse qualcuno si sarebbe aspettato un film molto più “introspettivo”, un film per il quale sarebbe stato più facile impersonarsi e farsi trasportare dalle vicende, un film per il quale sui titoli di coda, ci si sarebbe dovuti asciugare più di una lacrima. Forse è “colpa” della poca probabilità degli eventi (che fanno si, solo da pretesto per la storia, molto più profonda, del protagonista), della marcata oniricità (ma si dice “oniricità”? :P) di molte scene, molto spettacolari, ma allo stesso tempo evanescenti, intangibili, irrazionali.
Non penso, comunque, che il film debba spiegare la vita di tutti noi, piuttosto riuscire a farci riflettere, anche solo per un poco, su quella che è la poesia della nostra Natura, dagli aspetti più “buoni” (non leggeri, buoni) :la scelta del nome del ragazzo, l’amore, il rapporto con amici e famigliari a quelli meno buoni : la situazione economica in crisi, il naufragio, il rapporto di tensione con i compagni della disavventura (sia nella “prima” versione che nella “seconda”) che porterà a risvolti drammatici. Penso che il film presenti quindi il pretesto per mostrare e fare riscoprire la vera essenza della Natura Umana, senza per questo andare a scavare nella storia personale di ogni spettatore, e “sacrificando” il giovane Pi come esempio per tutti.
Si fa spesso riferimento a “Dio”, o meglio agli “Dei”, vista la storia del protagonista, come se l’intero film potesse raccontare di una lunga ricerca spirituale, metaforizzata nel naufragio. Sarà per tutte le mie convinzioni personali, ma non mi è sembrato (ammetto però di essermi quantomeno sforzato di entrare nell’ottica più “spirituale” del film) che questa aspettativa sia stata mantenuta. Se non nei primi momenti della “pellicola” *sigh*, i riferimenti alla divinità sono inseriti sporadicamente, e, a mio avviso, con riferimenti piuttosto insipidi, rispetto a quello a cui sarebbero dovuti servire.
Questo non vuol dire che il film perda il suo valore, anzi. Sono convinto che siano presenti diverse chiavi di lettura della vicenda, che possano essere seguite sin dall’inizio (o almeno, dalla partenza della nave) e non necessariamente solo dopo gli ultimi 10 minuti di film, cercando di andare a ritroso per dire “è proprio così”.
Ho preso questo film come una grande fiaba (la trama non è complicata, e gli elementi ci sono tutti, per poterla facilmente trasformare in una favola adatta ai più piccoli), un’allegoria, una metafora sul rapporto con la Natura, sia intesa come Natura in generale, sia intesa come Natura in senso più intimo, la Natura animale, la Natura nelle sue forme di Vita e Morte (ma in fondo i naturalisti vedono Natura in ogni cosa), soprattutto la Natura Umana, curiosa e violenta allo stesso tempo (la “seconda versione” della storia spiega, in parte, questo aspetto), quella Natura, soprattutto, che ci fa star male e riflettere troppo a lungo, più per un “addio” preparato ma mai detto, che per la sofferenza fisica passata nel corso della nostra vita.

Metafisica semiseria della banana firmata. (I’ve found a signed banana)

signed banana

Poche sono le persone le quali sanno a cosa mi riferisco, e forse nemmeno loro conoscono il profondo significato della famigerata “signed banana”.
Succede a volte, sul finire di un estenuante turno di lavoro cinelandiano, di risalire in cabina di proiezione, e trovare, sul tavolo davanti al monitor del computer che gestisce i proiettori, quanto di più inaspettato ci si possa immaginare.
Disarmante nella sua…giallezza, immota, trascendentale, si specchia nello schermo pieno di pixel del vecchio monitor, la più firmata banana mai esistita.

Ho provato spesso a immaginare le possibili reazioni che una persona più o meno normale, avrebbe potuto avere, nello scoprire cotanto giallore siglato, ma sicuramente un’espressione da tonno, attonita, vacua, sarebbe stata la più gettonata.

Ma cos’è per me, la banana firmata? Cosa significa per il mondo?
La banana firmata è quello che non ci si aspetta, tutto quello che non dovrebbe succedere e invece ce lo si trova lì, schiaffato nel piatto del pranzo della mente.
La banana firmata è il fantasma di una pressione incombente, la sensazione che tutto, a momenti, potrebbe rivoluzionartisi attorno, e tutto sommato non accade.
La banana firmata è il tempo che viene spremuto dalle tue mani, fuggendo in uno sprazzo d’azzurro nel cielo plumbeo, è un sentiero di campagna che sprofonda in un oceano pieno di meduse con costumi da clown.
La banana firmata è il parcheggio del cinema il sabato sera, il disagio per strada nel giorno di mercato, la banana firmata è l’accendere la luce delle stranezze per un’auto in contromano, una poesia futurista che parla di industrie e di barche, della velocità degli insetti, di elettricità saltellante.
La banana firmata è una nuvola nera ribollente, gravida d’insulti per un esame non passato, sono le imprecazioni di un atleta caduto durante la corsa agli ostacoli, il “comincio lunedì” detto di una dieta da iniziare dopo le abbuffate natalizie.
Una miccia d’acciaio troppo fredda per bruciare, troppo pesante per saltare, in aria o all’indietro, da un trampolino, se vogliamo.
Una banana firmata, posso affermare, è simile alla sensazione che si ha prima di un esame per il quale s’è studiato poco, non abbastanza per saperne troppo, non così poco da non saperne niente.
La banana firmata è un bagno pubblico con la serratura rotta, è urtare con il mignolo del piede contro la gamba del tavolo, è il vecchio col cappello sulla Panda la domenica mattina.

Ho trovato una banana firmata, e quello che mi è sembrato di trovare, è stato solo del tempo perso, ma ormai se n’è andato anche lui.

Crappy New Year! (dire addio ai “buoni propositi” non è sempre così male)

grumpy cat 2013

L’altra sera mi trovavo come al mio solito al Cinema (IL Cinema con la C maiuscola, il mitico, sottovalutato, sopravvalutato, Cinelandia di Asti), per un saluto a ex-colleghi e amici dipendenti, un caffè e qualche minuto di autocommiserazione.
Una serata non particolarmente ispirata, una rapida capatina al McDonalds dietro l’angolo sfruttando un momento di pausa per la merenda-cena e il ritorno al Cinema. La mia intenzione era, come sempre, di togliermi dalle scatole al più presto (o almeno è quello che ho sempre fatto – cercato di fare – credere), ma la contemporaneità con la fine degli ultimi spettacoli pomeridiani, e l’inizio dei primi serali, e il conseguente riempirsi del parcheggio di disagio fatto persone, mi hanno fatto desistere e attendere il lento scemare delle auto, anche per farmi risparmiare qualche imprecazione nel tornare in Corso Alessandria.

Succede poi di sentire una domanda alla quale – stranamente – non ero più abituato. “Buoni propositi per l’anno nuovo?”
Non ero preparato alla domanda, negli anni passati ho sempre fatto una marea di “buoni propositi”, o perlomeno ho sempre pensato “cosa potrò fare di meglio quest anno?”, ma non a questo giro, non questa volta.
Dunque, buoni propositi? Visto come è andato l’ultimo terzo di anno, ho deciso di non farne. Non per delusione, tristezza o altro…giusto non mi andava.
La risposta più giusta, forse, è arrivata subito dopo la domanda, mentre io ancora pensavo a cosa rispondere, mentre nella mia testa si susseguiva un fiume di parole più o meno ad effetto, lasciandomi quasi spiazzato.
Il mio buon proposito è evitare domande come questa, evitare di farle e di riceverle. Il mio buon proposito è non avere buoni propositi“.
Dietro al velato cinismo di questa risposta improvvisa, c’è tutto quello che fino a qualche secondo prima, scorreva da una parte all’altra del mio cervello, tutto quello che non si era fermato per formare una frase sensata. Grazie.
Forse perché sono quasi stufo di queste domande di rito, di queste frasi dette per dire, di questi pretesti per farsi migliori per qualche momento, sfoderando stomachevoli e evanescenti discorsi di bontà e buona volontà da parte dei più.
Forse perchè in fondo non trovo il senso di prepararsi aspettative di gloria tutte d’un colpo, senza aver vissuto neanche un giorno, del nuovo anno, posso fare “buoni propositi” per il giorno dopo, per la settimana a venire, ma per un anno intero…
Certo, qualche desiderio, qualche sogno lo ho anche io, naturalmente, ma ora come ora non posso, e non riesco, pensare a cosa voler fare durante TUTTO l’anno. C’è naturalmente qualcosina che mi piacerebbe cambiasse, così come ci sono altre cose che vorrei restassero sempre così come sono, ma non è un “buon proposito” che sistemerà tutto quanto, piuttosto il mio (e quello degli altri) comportamento, giorno per giorno, del 2013 che è appena nato.
Posso comunque già dire una cosa: l’inizio dell’anno (perlomeno le sue prime ore) non è stato malaccio, e questa è già una gran bella soddisfazione.

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